Malato in fuga dall'ospedale: scappa in pigiama e con gli aghi addosso, prende il vaporetto e torna a casa

Giovedì 2 Luglio 2020 di Tomaso Borzomì
Malato in fuga dall'ospedale: scappa in pigiama e con gli aghi addosso, prende il vaporetto e torna a casa
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VENEZIA È uscito dall'ospedale così com'era, in pigiama, ciabatte e con gli aghi ancora addosso. Ha preso il vaporetto, poi un autobus ed è tornato a casa sua al Lido, senza che nessuno, anche nei mezzi pubblici, battesse ciglio. Gino ha 83 anni, soffre di Alzheimer, ed era stato da poco trasferito dal Pronto soccorso al reparto di Medicina generale in seguito ad un malessere.

«Flavio, sto meglio a casa con la mamma che non in ospedale», ha raccontato teneramente l'uomo al figlio, spiegando il suo gesto. Un'azione fatta da chi, a causa della malattia, torna un po' bambino, rifiutando le sovrastrutture che si generano con la maturità per vivere semplicemente, anche senza capire i rischi a cui si vanno incontro. «Mio padre ha una memoria di dieci, quindici minuti, quando mi ha detto quelle parole mi è venuto da sorridere, cosa gli vuoi rispondere?», spiega Flavio. Il 22 giugno l'anziano era stato ricoverato in pronto soccorso: «La neurologa che conosce da quattro anni e che gli vuole davvero molto bene l'ha visitato, poi per scrupolo ha scelto di fargli fare alcuni approfondimenti, quindi è stato trasferito al reparto», ricostruisce il figlio. 

AL PADIGLIONE JONA
Così Gino è arrivato al padiglione Jona, nella struttura diretta dal primario Andrea Bonanome: «Il paziente era giunto dal Pronto soccorso in reparto da pochissimo, ed era accompagnato da moglie e figlia, presenti in stanza al momento dell'accoglienza per il ricovero. Pur avendo una diagnosi di decadimento cognitivo, all'arrivo veniva descritto come tranquillo, autosufficiente e discretamente orientato». Finché non si è registrata la fuga: «Un'ora e mezza dopo l'accoglienza - continua il medico -, un'infermiera in turno ha notato che il paziente non era in stanza, non avendo ritrovato nemmeno i familiari, ha avviato le ricerche, ma nel frattempo era arrivata una telefonata che avvisava che era rientrato a casa. Vista la tempistica, il paziente ha evidentemente lasciato il reparto poco dopo che se ne erano andati i suoi congiunti, rifiutando l'idea di dover restare in ospedale e andandosene per l'uscita sulle Fondamente Nuove, dove l'ingresso è precluso, ma è consentita l'uscita e quindi transitano molte persone che lasciano l'ospedale».

L'ACCUSA
E proprio la facilità di uscita ha lasciato stupito il figlio: «Mi è stato detto che può capitare che ogni tanto qualcuno si allontani dall'ospedale, ma se mio padre avesse preso un vaporetto in direzione contraria, o se gli fosse accaduto qualcosa? E se avesse preso il covid? Noi eravamo sereni a casa». Oltre a questo, il familiare lamenta un altro fatto: «È stato dimesso sotto la propria volontà, ma come è possibile, un malato di Alzheimer? Inoltre, quando gli sono stati fatti gli esami non ci hanno nemmeno fatto entrare per le disposizioni da coronavirus. Ma come, noi non possiamo entrare e lui può uscire?». 

LA REPLICA
A spiegare la situazione è il primario: «I degenti sono ovviamente periodicamente controllati dal personale del reparto. Tuttavia, un reparto ospedaliero non è una struttura chiusa ed è assolutamente impossibile per il personale sorvegliare costantemente la presenza di tutte le persone ricoverate. Tutte le attenzioni sono messe in atto, ma i degenti in regime normale si muovono, possono andare nel salottino o passeggiare in giardino, ovviamente avvisando il personale». Inoltre, Bonanome chiarisce che l'assistenza spetta alle famiglie: «La dinamica dei fatti è chiara per i familiari che, d'intesa con il reparto, il giorno successivo lo hanno riaccompagnato, facendosi carico delle sue necessità e completando gli accertamenti. Quanto al reparto, per primi ci siamo occupati e preoccupati per l'assenza del paziente, ma a partire dalla consapevolezza che il reparto medico non è una struttura chiusa». 
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