La zia della vittima della Mala del Brenta: «È tornato in carcere, ma il perdono resta. Cristina avrebbe voluto così»

Lunedì 13 Dicembre 2021 di Sara Zanferrari
CRISTIVA PAVESI Uccisa 31 anni fa dall’assalto al treno portavalori della Mala del Brenta

CAMPOLONGO MAGGIORE - «Qualcuno che era venuto da me a chiedere perdono 31 anni fa ora è di nuovo in carcere. Non mi sento di togliere il mio perdono: era veramente addolorato per la morte di Cristina e ha passato 30 anni in carcere. Ma questa è la fragilità dell’uomo. Cristina avrebbe voluto che continuassi a pregare e perdonare, e lo faccio, perché è il mio cuore e il cuore di mia nipote è questo che vuole.

Cristina è viva, in mezzo a noi, in questo paese, Campolongo, di cui sono cittadina onoraria. Cristina, seme di speranza, che credeva nella bontà delle persone».

A pronunciare queste parole è Michela Pavesi, zia di Cristina, la studentessa vittima della mala del Brenta nell’assalto a un treno portavalori il 13 dicembre 1990, a conclusione della Messa di commemorazione. A celebrarla il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, alla presenza delle autorità civili e militari. 
Presenti tutti i rappresentati delle forze dell’ordine: il viceprefetto Tommaso Mondello, il vicequestore Angela Losacco, il maresciallo Gabriele Greco comandante interinale dei carabinieri della stazione di Campagna Lupia, il comandante della polizia locale di Campolongo Martina Biolo, il capitano Andrea Sarra Fiore della guardia di finanza di Chioggia. Per il Comune di Campolongo il sindaco Mattia Gastaldi con il vicesindaco Serena Universi e l’assessore alla sicurezza Luca Callegaro, e l’avvocato Paola Orlando dell’Associazione Gens Nova e l’anima organizzatrice di questa e di tante manifestazioni di formazione ed educazione alla legalità, Oriana Boldrin, presidente dell’associazione Mondo di Carta. «Non c’è nessuno di Campolongo nella lista dei nomi della “neonata mala del Brenta», sottolinea Gastaldi, «un altro tassello al riscatto che Campolongo ha saputo dare, segno che il lavoro importante che stiamo facendo nel territorio porta i suoi frutti». A ribadirlo più volte nel corso della celebrazione è don Luigi Ciotti: «Ci vuole una chiara comprensione del problema: la mafia approfitta delle zone grigie fra ciò che è legale e l’illegale, il crimine trova sempre nuove occasioni. Qui al nord è ancora più forte. Per questo c’è bisogno di tutti noi, e soprattutto delle Istituzioni, che sono sacre, mai confonderle con le persone. Chi le rappresenta deve dimostrarsi all’altezza del ruolo». 
 

«USCIRE DALLE ABITUDINI»
E lancia un monito, fra i tanti: «Usciamo dalla trappola delle abitudini, della rassegnazione, dell’autoreferenzialità. C’è bisogno di tutti, non possiamo stare zitti, inerti, pensare che la cosa riguardi sempre qualcun altro, c’è bisogno di giovani come Cristina, appassionati e impegnati, nuova linfa necessaria a ideali che richiedono nuova forza generatrice». 
 

PRESENZA SILENZIOSA
«È importantissima la presenza silenziosa, ma tenace, di tutte le forze dell’ordine – aggiunge il primo cittadino - a questa, come a tutte le commemorazioni ed occasioni organizzate per tenere alta l’attenzione, che si svolgono senza sosta in Riviera del Brenta: chi lavora a testa bassa per preservare la legalità c’è». E una richiesta fa, infine, il presidente di Libera, all’Università di Padova: «Dovrebbe dare una laurea ad honorem a Cristina, che quel giorno era andata a incontrare il relatore che le aveva destinato una tesi per una laurea che non ha potuto prendere mai». 
 

Ultimo aggiornamento: 08:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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