Rapina al Famila: in carcere l'ex Mala del Brenta "specialista" delle confessioni lampo Chi è

Venerdì 24 Giugno 2022 di Maurizio Dianese
CAMPAGNA LUPIA Rapina al Famila nei giorni scorsi, la banda già in manette
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RIVIERA DEL BRENTA Una rapina e un pentimento. Un pentimento e una rapina. Va avanti da una vita questa storia. Rienzi Fracasso, 73 anni, un pezzo d’uomo con la passione per le truffe, lo spaccio e le rapine, vive da sempre così: appena lo beccano, parla. Ecco perché, pur avendo imboccato la strada della quarta età, invece di andare al supermercato a fare scorta di pannoloni, ci va per rapinarlo, come è successo l’altro giorno a Campagna Lupia. E per l’ennesima volta lui e i tre complici sono stati arrestati. E chissà se anche stavolta al primo interrogatorio racconterà vita, morte e miracoli della sua banda, allo scopo di ottenere sconti di pena. Valga per tutti la rapina ad un furgone portavalori a Torri di Quartesolo in provincia di Vicenza, avvenuta nel luglio del 2011.

Il primo a parlare era stato il basista, il secondo Rienzi Fracasso. Il quale nasce come truffatore e spacciatore, prima ancora che come rapinatore. Per la droga era in “stocca” con la banda di Antonino Duca, cognato dei fratelli Fidanzati, i plenipotenziari per la mafia palermitana dello spaccio di eroina nel Nord Italia. E siccome Felice Maniero per l’eroina aveva stretto accordi “commerciali” con i Fidanzati, ecco che Antonino Duca era libero di trafficare in Veneto in contemporanea con Maniero. Solo che Duca aveva deciso di specializzarsi in cocaina e per questo si era appoggiato ad Armando Boscolo Meneguolo, il quale aveva trasformato Chioggia in una succursale della Colombia. 

FINE ANNI ‘80
Fra gli uomini di Duca e Boscolo troviamo per l’appunto già alla fine degli anni ‘80 anche Rienzi Fracasso e resta famosa la storia per cui ad un certo punto Armandino Boscolo Meneguolo decide di pagarsi da solo una partita di droga che Fracasso non vuole saldare, semplicemente prendendosi la sua auto. Fracasso molla Boscolo e si imbarca con “i mestrini” e cioè Boatto, Pattarello, Paggiarin, Causin e Tenderini, la “costola” più agguerrita della banda di Felice Maniero.

Ma dura poco perché Pattarello viene arrestato con le armi in casa e tutti sospettano di Rienzi Fracasso.

Allora si mette con Giampaolo Manca e partecipa al tentativo di estorcere quattrini a Otello Novello detto il Cocco cinese, ma anche ad un grosso imprenditore del vetro di Murano. Se la cava e quando Giampaolo Manca smette di fare le rapine e le estorsioni, allora continua da solo, mettendo insieme volta per volta la “batteria” che gli serve per il colpo. Ultimamente lavorava con Enrico Milan che pure è un collaboratore di giustizia a gettone, come lui. Il capostipite di questo meccanismo che permette ai banditi di restare banditi facendo finta di essere pentiti è stato Alceo Bartalucci, il collaboratore di giustizia più importante nella storia della banda di Felice Maniero. Una volta ottenuti i benefici previsti, compresa una villa nel veronese pagata dallo Stato e guardata a vista giorno e notte dai carabinieri dei Ros, Bartalucci era tornato alle rapine. Vuol dire che fra un interrogatorio e l’altro in Tribunale se ne andava in giro per il Nordest, con la sua banda, a fare un colpo dietro l’altro. Finchè una notte dell’ottobre del 1994 sulla sua strada di bandito aveva trovato un poliziotto, Massimiliano Turazza, che lo aveva scoperto mentre preparava l’assalto alla Banca popolare di Verona. Bartalucci gli aveva sparato e lo aveva ucciso, facendo poi tranquillamente ritorno nella sua villa pagata dallo Stato e “protetta” dai carabinieri. Ma la storia di Bartalucci ha fatto scuola, fra i malavitosi e Rienzi Fracasso non è né il primo né l’ultimo che appena lo prendono si pente, parla, fa mettere in galera i suo complici, becca il minimo della pena e torna fuori. 

La storia di questi banditi andrebbe analizzata, oltre che sotto il profilo penale, anche dal punto di vista socio-psicologico dal momento che parliamo di uomini che sono ormai vicini al secolo di vita e, però, tutti ancora in attività. Siamo dunque al Jurassic park del banditismo e le spiegazioni possibili di questo elisir di lunga mala-vita sono due, la prima e più importante è che non sanno fare altro, la seconda è che sono tutti alla canna del gas. Una vita nel crimine non ha consentito a nessuno di loro di mettere da parte un centesimo e si contano sulle dita di una mano i banditi che, una volta usciti dal carcere, riescono a vivere di rendita.

Ultimo aggiornamento: 17:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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