L'M9 punta al cuore di Mestre: «Piano con Comune e categorie per ridisegnare il centro»

Martedì 18 Ottobre 2022 di Davide Scalzotto
L'M9 punta al cuore di Mestre
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MESTRE - Un M9 dai mille volti, che giocherà per il 2023 le sue carte e che, soprattutto, si è reso conto di una cosa: che deve aprirsi alla città. E per questo Michele Bugliesi, presidente della Fondazione Venezia, annuncia non tanto un cambio di rotta, quanto una accelerazione.

Presidente, il destino dell'M9 fa discutere. Il museo non gira, il settore commerciale segna il passo, quello direzionale sta decollando ora, l'intero complesso viene ancora percepito come altro dai mestrini. Il presidente di Confindustria Vincenzo Marinese dice che è perché non ci sono parcheggi.

Cosa avete in mente?
«Facciamo un po' di ordine. Primo punto: non credo sia una questione di parcheggi, perché attorno all'M9 ce ne sono e il complesso è nel cuore della città, che non è Londra. Secondo: mi pare evidente che la parte commerciale, così come era stata concepita, non può ripagare le altre attività».


Eppure quando era stato lanciato l'M9 era nei piani.
«Non sono il tipo che va a rivangare il passato per trovare errori o responsabilità. Per me cosa fatta capo ha, come si dice. Io guardo a quello che si può e deve fare ora. Ma certo non era con il retail che si poteva pensare di mantenere l'M9».


Era anche stato detto che si puntava a 200mila visitatori l'anno...
«Guardi, al mondo i musei che fanno 100mila presenze sono l'1 per cento. Mi pare esagerato».


Poi ci arriviamo, alla parte museale. Restiamo sul commerciale. Perché non funziona?
«Per un mix di fattori: certo quella non è ancora una piazza dove la gente passa in massa. Ma, come i grandi architetti insegnano, ci vuole tempo perché ci si abitui ai nuovi spazi urbani. Detto questo le azioni sono prevalentemente tre».


Quali?
«Innanzitutto andremo ad aprire un varco di accesso dalla parte dell'ex Telecom di fianco all'edificio Meucci, assieme al varco su Corte Legrenzi. Poi abbiamo affidato a Gabetti, come advisor, il compito di valutare e pianificare quali attività possono essere inserite nel compendio dell'M9. Terzo punto, entro fine anno auspichiamo di arrivare a definire con altri interlocutori cittadini, a partire dal Comune e dalle associazioni di categoria, un'azione coordinata per rilanciare il centro di Mestre in maniera organica. La gente piano piano sta riscoprendo il centro. Il nostro auspicio è che le iniziative che abbiamo in programma per la nostra sede e i nostri spazi possano essere parte di un'azione più generale e coordinata con gli altri attori e istituzioni in città. Su questo ho visto grande disponibilità dal sindaco».


Un'apertura importante.
«Certo, sono dell'idea che fin dall'inizio l'M9 avrebbe dovuto dialogare con la città».


L'altro asset è il direzionale: avete inaugurato il Business Center e lei ha sempre detto di voler portare nel distretto dell'M9 uffici e aziende per mettere in moto un meccanismo virtuoso di socialità urbana.
«Certo. Il Business Center è un luogo al servizio di imprese e liberi professionisti con ausili tecnologicamente molti avanzati e spazi flessibili. Oggi il lavoro smart è quanto mai una necessità. E inoltre con M9District abbiamo avuto modo di insediare una realtà come Bio4Dreams, un incubatore di imprese innovative che ha scelto Mestre come una delle sedi. Gli affitti di questi spazi e l'insediamento di queste attività si integrano alla perfezione con la missione della Fondazione».


Poi c'è la parte museale. Nota dolente?
«Allora, non si può pensare che un museo si possa auto-sostenere economicamente. Diciamo che il nostro obiettivo è fare in modo che gravi sempre meno sul bilancio della Fondazione. Come si sa, la Fondazione ha, tra le sue attività, quella di distribuire erogazioni secondo i principi del proprio statuto. Le erogazioni di Fondazione Venezia sono circa 5 milioni l'anno, pari al 2-3 per cento del bilancio attivo. Il museo pesa per un 50 per cento su questo capitolo, l'ideale sarebbe non farlo gravare più del 15 per cento, perché un museo non può occupare metà delle erogazioni di una fondazione. Teniamo conto però che veniamo da due anni di Covid e che davanti abbiamo una stagione di rincari energetici che graveranno tantissimo su nostri bilanci».


Quanti ingressi farà il museo quest'anno?
«Contiamo di arrivare a 30-35mila visitatori, nel 2019 erano stati 50mila».


E quale il target di sostenibilità che vi proponete?
«Ragionevolmente 60-70mila».


E come raggiungete gli obiettivi? Avete già impostato i programmi per il 2023?
«Li stiamo definendo. L'M9 va considerato come uno spazio con più funzionalità. Per la parte museale, dobbiamo pensare al contemporaneo ma con uno sguardo proiettato al futuro. Abbiamo la mostra permanente e quelle temporanee. La permanente, sulla tecnologia, va rinfrescata e continuamente aggiornata. Sono andato recentemente in Giappone e devo dire che non siamo molto distanti, ma le nuove tecnologie, la scienza, l'arte del futuro camminano a grande velocità e dobbiamo stare al passo. comunicare meglio quello che facciamo. Per le mostre temporanee, anche qui dobbiamo restare fedeli alla nostra missione aperta al contemporaneo, ma con una prospettiva sull'innovazione, sul mix tra scienza e arte. Certo non possiamo andare a fare concorrenza ai musei o agli eventi di Venezia. Abbiamo una importante attività con le scuole: attualmente un terzo dei nostri visitatori sono studenti. Dobbiamo puntare sui restanti due terzi, turisti certo ma anche veneti. In questo senso dobbiamo potenziare la comunicazione, far diventare l'M9 identitario e unico nell'offerta culturale regionale».


Mestre ha una grande ricchezza di associazioni, una grande vitalità. Pensate di coinvolgere queste realtà?
«Abbiamo da poco chiuso un bando rivolto alle proposte delle associazioni. Ne sono arrivate una trentina, a testimonianza di quello che lei dice. Sicuramente siamo aperti a loro, anche se non possiamo svolgere la funzione di semplice sala riunioni. Parlo di progetti da sviluppare per la città».


Lei accennava a un contesto economico difficile. La Fondazione Venezia come tutela il suo patrimonio e come garantirà la propria attività, tra cui anche il museo M9?
«Abbiamo fatto importanti dismissioni e ne dovremo fare altre, perché attualmente abbiamo il 24 per cento del patrimonio immobilizzato. Solo la vendita della Casa Tre Oci ci ha portato 3 milioni di plusvalenze che abbiamo reinvestito, diversificando. Quella che all'inizio era stata contestata come un'operazione che avrebbe dato a Venezia l'ennesimo hotel, in realtà si è dimostrata un affare per la Fondazione e anche per Venezia stessa. La città ha conquistato un personaggio come Nicolas Berggruen che non solo fa, e meglio, quello che faceva la Fondazione, ma che investirà ancora. E poi abbiamo ceduto l'attuale sede di rio Novo a Ca' Foscari e in primavera ci trasferiremo a palazzo Flangini a Cannaregio. La strada delle dismissioni immobiliari non è conclusa e ci consentirà di reinvestire quanto ricavato per non impoverire il nostro patrimonio che altrimenti, lasciato fermo, non sarebbe produttivo».
 

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