Luisa Baccara, la "Signora del Vittoriale", musa e amante fedele di D'Annunzio

Lunedì 29 Giugno 2020 di Alberto Toso Fei
Luisa Baccara ritratta da Matteo Bergamelli
Luisa Baccara (1892-1985) pianista, amante di Gabriele D'Annunzio

Per molti anni fu conosciuta come “la Signora del Vittoriale”, e oltre a essere una delle muse di Gabriele D'Annunzio ne fu una delle amanti più fedeli e discrete, che nascose una forza imprevedibile sotto una coltre di apparente remissività; una forza che le permise di resistere con ostinazione all'ondata di gelosia e rivalità che la sua presenza assidua al Vittoriale (allora Villa Cargnacco, a Gardone) le attirò addosso; e di portare con sé nella tomba – sopravvivendo per quarantasette anni al Vate – il segreto del “Volo dell'Arcangelo”, la caduta da una finestra dello stesso D'Annunzio causata forse da lei o dalla sorella Jolanda. Luisa Baccara, che era nata a Venezia il 14 gennaio 1892, alla vigilia degli anni Venti fu la rivelazione del Conservatorio Benedetto Marcello: i giornali parlavano di lei come di una pianista eccezionale, destinata a una brillante carriera. Quando conobbe Gabriele D'Annunzio aveva ventisei anni, era alta e snella, aveva capelli neri sui quali faceva correre una lunga ciocca d'argento. Lui aveva quasi trent'anni più di lei; era già l'eroe di Buccari e del Volo su Vienna, e si apprestava alla conquista di Fiume, dove poi lei lo seguì per realizzarvi una serie di concerti. L'aveva ascoltata suonare nell'agosto del 1919 a casa di una amica comune, Olga Levi, e poche settimane più tardi le aveva scritto una lettera d'invito alla Casetta Rossa lungo il Canal Grande, indicandole anche gli abiti che avrebbe dovuto indossare.

La prima di millesettecento e ottanta lettere, che le scrisse fino al momento della morte, nel 1938. “Smikrà”, “piccola” in lingua greca, la chiamò sempre lui, ricevendo in cambio il suo antico soprannome di Ariel. Luisa Baccara fu una persona sfuggente a qualsiasi etichettatura: dolce e aggressiva allo stesso tempo, apparentemente fredda al punto da risultare antipatica, possessiva eppure capace di sopportare qualsiasi libertà (non furono poche) D'Annunzio ritenesse di prendersi, anche sotto lo stesso tetto del Vittoriale. Eppure fu dotata di una passione e di una forza che traspare dalle lettere di lui e che si sostanzia da un lato nel tentativo di rapimento che nel 1920 alcuni fedelissimi del Vate programmarono per allontanarla da D'Annunzio (ritenuto troppo “distratto” dalle attenzioni che le riservava) e dall'altro nella vicenda del cosiddetto “Volo dell'Arcangelo”.

La sera del 13 agosto 1922 (peraltro a due giorni dal previsto storico incontro di “avvicinamento” di Mussolini al poeta) Gabriele D'Annunzio cadde dal balcone di una stanza del Vittoriale e rimase fra la vita e la morte per molti giorni.
La versione ufficiale parlò di caduta accidentale dovuta a un capogiro mentre D'Annunzio (che era in pigiama e pantofole) cercava un po' di fresco nella serata afosa; ma le illazioni non mancarono: tentativo di suicidio, fatto doloso, addirittura che fosse stato tutto inventato e la caduta non ci fosse mai stata. Di sicuro D'Annunzio, appoggiato alla finestra, stava ascoltando della musica suonata per lui da Luisa. Aveva accanto la sorella della pianista, Jolanda. La caduta – che comunque fu accidentale, fu probabilmente causata da una spinta datagli da una delle Baccara: da Jolanda, forse per opporsi a un approccio indesiderato, oppure dalla stessa Luisa, intervenuta per proteggere la sorella. Otto giorni più tardi, ancora in stato di semi-incoscienza, il poeta mormorò una frase che fu diligentemente appuntata dal medico curante: “E Joio? Jolanda si sarà spaventata e sarà scappata a Venezia”. Un indizio significativo di quanto era avvenuto davanti a quella finestra. Ma nessuno, tra i presenti di quella sera, parlò. E la “Signora del Vittoriale” – che pure rese pubblico (con una donazione) il suo carteggio con D'Annunzio – lo “epurò” di quelle lettere che avrebbero potuto fornire una ricostruzione più fedele dei fatti e fino all'ultimo protesse quella sua vicenda d'amore strana e unica. Resistette per decenni a ogni tentazione giornalistica e anche quando a novantadue anni, nel 1984, fu intervistata in televisione, mantenne su quei fatti il riserbo più assoluto. L'anno successivo, il 29 gennaio, morì portando per sempre con sé il segreto di quella notte.
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