Il boss Donadio si difende in aula: «Mai fatto del male, mai sparato. Sono onesto di natura»

Venerdì 30 Settembre 2022
Luciano Donadio al centro
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MESTRE - «Sono sempre stato di indole onesta: le accuse che mi vengono contestate sporcano la mia dignità. Non mi ci riconosco».
Luciano Donadio, imputato di associazione per delinquere di stampo mafioso al processo sulle infiltrazioni della camorra nel Veneto Orientale, ha preso la parola ieri mattina, in apertura di udienza, nell'aula bunker di Mestre, per replicare alla testimonianza resa una settimana fa dalla sua ex segretaria, Claudia Zennaro, ma soprattutto per assicurare che gran parte delle cose che gli vengono contestate al processo non corrispondono alla verità.


«NON HO MAI SPARATO»
«Non ho mai fatto del male a nessuno, non ho mai sparato a nessuno, sono leggende metropolitane», ha dichiarato al Tribunale presieduto da Stefano Manduzio, in videocollegamento dal carcere nel quale si trova in custodia cautelare. Per poco più di dieci minuti il presunto boss dei casalesi ha rilasciato una spontanea dichiarazione per smentire tutti i punti toccati da Claudia Zennaro. Innanzitutto le armi, di cui il molti a suo avviso hanno favoleggiato per dimostrare il potere del presunto clan criminale. «Erano armi finte», ha dichiarato Donadio, facendo un elenco contenente una scacciacani, una pistola a gas e alcune carabine ad aria compressa, tutte in libera vendita. Oltre ad una bacheca che si trovava nel suo ufficio, che conteneva una collezione facsimile di armi.
Il presunto boss ha invece negato di possedere le pistole di cui altri nel processo hanno parlato, e in particolare di averne mostrata una alla sua segretaria aprendo un cassetto. «Queste finte armi erano oggetto dei discorsi che si facevano nel mio ufficio - ha spiegato ai giudici - Si faceva a gara a chi si vantava di più».
«TROPPO GENEROSO»
L'unica cosa che Donadio ammette sono le irregolarità fiscali e previdenziali commesse dalle numerose società che facevano capo al suo gruppo, grazie alle quali dava lavoro a numerosi operai che hanno sempre ricevuto lo stipendio. Nulla più.
In compenso il presunto boss sostiene di aver aiutato tante persone in difficoltà: «Sono così di carattere, per questo mi sono trovato in mezzo a tanti discorsi e mediazioni», ha spiegato al Tribunale, cercando di fornire un'immagine ben diversa da quella tratteggiata dalla Procura di Venezia che gli contesta decine di capi d'imputazione.
«Provengo da una famiglia operaia e, a differenza dei nati ricchi, so cosa significa trovarsi in difficoltà economica. Avendo avuto la fortuna di trovarmi nel mondo della piccola imprenditoria a volte mi facevo in quattro per riuscire ad aiutare le persone. Senza aver mai avuto in cambio nulla, a me basta bastava solo l'amicizia.
 

Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 14:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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