Luca Zaia in diretta oggi: cosa ha detto. «Nessuna vittima da Covid nelle ultime 24 ore». Ospiti i tre eroi che hanno sostituito i medici malati a Vo'

Domenica 21 Giugno 2020 di Beatrice Mani
Luca Zaia in diretta oggi: cosa ha detto. Gli aggiornamenti sul Coronavirus in Veneto
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Luca Zaia in diretta anche oggi, domenica 21 giugno 2020, dalla sede della Protezione Civile di Marghera per aggiornarci sui dati del contagio e delle vittime del Coronavirus in Veneto e sulle iniziative della Regione. «Domani conformiamo tutte le delibere su case di riposo e trasporto privato», ha annunciato il governatore.

Ospiti oggi del punto stampa «i tre eroi che hanno sostituito i medici malati a Vo', che hanno ricevuto anche le onorificenze dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: i dottori Maria Teresa Gallea, Luca Sostini, Paolo Simonato». I loro racconti delle settimane di emergenza nella zona rosso, le paure e lo spirito che li ha guidati, sono stati i protagonisti della conferenza stampa di oggi. 
 

Zaia in diretta: cosa ha detto oggi

 
 

Covid Veneto, contagio e vittime

Tamponi 867.052, 833 in isolamento (-63), positivi 19.245 (+7), pazienti ricoverati 225 (+1) e 28 sono Covid, terapia intensiva 12, pazienti morti 2002 (invariato rispetto a ieri), 89 bambini nati nelle ultime 24 ore. IL BOLLETTINO DI OGGI (SCARICA IL PDF)


Auguri alla "nonna" che compie 100 anni e lotta contro il Covid
Compie oggi 100 anni una delle pazienti che ancora lottano contro il Covid, negli ospedali del Veneto.
Del compleanno centenario della signora Maddalena ha parlato il presidente del Veneto Luca Zaia, in apertura della conferenza stampa sull'andamento del virus. «Sono sicura, ce la farò» è il messaggio che l'anziana ha fatto arrivare a Zaia attraverso i familiari. «Purtroppo è un compleanno con il Covid - ha detto il governatore - ma sta combattendo e noi le facciamo di cuore doppi auguri: per i 100 anni e per la guarigione».

 

I tre medici eroi volontari a Vo'

Tre giovanissimi dottori che, nel momento massimo dell'emergenza a Vo', nel padovano, hanno deciso di offrirsi come volontari per aiutare la popolazione chiusa nei confini del proprio comune, zona rossa e fulcro del contagio da Coronavirus. «Hanno detto "presente" appena chiamati, hanno sostituito i medici malati a Vo'», ha spiegato Zaia.

Maria Teresa Gallea
«Siamo a 4 mesi da quel venerdì 21 febbraio, quando tutto è cominciato. io ero a Schiavonia, quel weekend per noi medici fu un fine settimana molto intenso. Tre medici di famiglia di Vo' erano stati messi in isolamento, ci siamo confrontati, e abbiamo deciso di offrirci come da codice deontologico. Ringraziamo anche tutti gli altri colleghi della scuola di formazione del Veneto di medicina generale che si sono resi disponibili per coprire in emergenza i vari medici messi in isolamento. Questo per dire che non siamo stati gli unici».

«Una signora anziana, con una iniziale demenza, è il caso che mi porterò nel cuore tutta la vita. La figlia abitava nel comune limitrofo e non poteva più andare a trovare la madre, ma l'anziana ha avuto uno scompenso. I familiari mi hanno chiamata e sono andata a vedere come stava, la signora si è tranquillizzata, così la figlia mi ha chiesto se potessi controllare nei cassetti che ci fossero i farmaci di scorta, l'ho fatto, anche se questo andava oltre rispetto alla mia professione».

La paura del contagio? «Sicuramente c'è stata un po' di titubanza all'inizio, non sapevamo quello a cui andavamo incontro. Erano le 12 di domenica quando abbiamo ricevuto la richiesta per il giorno dopo. Ma lo spirito che ha prevalso è stato quello del "servizio", pensare che 3500 persone non avessero un medico di riferimento, ci ha spinti a dire sì, ha prevalso su ogni paura».

Luca Sostini
«Io avevo alcuni miei assistiti residenti a Vo', ero molto preoccupato, ho subito scelto di aderire, anche se non è stato facile perché ho continuato a gestire il mio studio medico. Era un momento in cui nessuno sapeva in quale contesto ci saremmo trovati ad esercitare la professione. Un'esperienza forte è stata la gestione a domicilio, ogni giorno, una medicazione avanzata, in collegamento con gli specialisti».

La paura del contagio? «C'era, così come quella di diffondere il virus ai nostri cari, ma questo ci ha spinti ad essere molto attenti ai dispositivi di protezione. Non sapevammo come si trasmettesse il Covid, speravamo che i dispositivi bastassero, ma quella prima settimana è stata difficile, ricordo che era freddo, ma con tutta la bardatura anti contagio non sentivo nulla».

Paolo Simonato
«Il virus all'epoca non si conosceva, quindi abbiamo dovuto riorganizzare l'assetto ambulatoriale dei colleghi sostituiti. Per prima cosa abbiamo pensato di far prenotare le visite ai pazienti e chiudere l'accesso diretto ai pazienti. Abbiamo fornito i recapiti al Comune e alle farmacie, per raggiungere i pazienti, anche in "telemedicina". Abbiamo seguito pazienti positivi e siamo andati noi a visitarli a casa, protetti dai dispositivi, perché il rischio era di diventare noi vettori del contagio. Abbiamo visitato anche molti bambini, anche di pochi mesi, perché a Vo' il pediatra non c'era».

La paura del contagio? «Quel venerdì 21 febbraio ero in Inghilterra, ho accettato ma non ho detto nulla a casa, ma le settimane a Vo' mi sono messo "in quarantena" senza interagire con i miei familiari, perché non avevamo certezze sulla trasmissione del virus».

Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 07:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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