Chi crea il Leone d'oro, premio della Mostra del Cinema di Venezia? La storia di Cristiano Moschini

Domenica 9 Agosto 2020 di Vittorio Pierobon
Chi crea il Leone d'oro, premio della Mostra del Cinema di Venezia? La storia di Cristiano Moschini
Cristiano Moschini è il titolare della Santi, una ditta veneziana specializzata nella realizzazione di trofei e medaglie. Con le sue mani realizza il premio più ambito della Mostra del Cinema incidendo all'ultimo minuto anche i nomi di chi si aggiudica il primo posto. Suoi pure il felino rampante e la palma per il vincitore del Festival di Sanremo.

IL PERSONAGGIO
Chi vincerà il Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia? È la domanda che annualmente corre nelle sale del Lido durante il Festival. Per saperlo, con quasi una giornata d'anticipo, basterebbe chiederlo a Cristiano Moschini. Ma lui non parla, ha la consegna del silenzio assoluto. È il titolare di Santi Venezia il laboratorio di incisione che ha il monopolio dei premi per i grandi Festival. Oltre a quello di Venezia, anche quello di Sanremo. Il trofeo magnificamente cesellato che premia la canzone vincente nasce in calle delle Bande a Venezia, zona San Lio tra Rialto e San Marco. 

IL NEGOZIETTO
È qui che ha sede la bottega dei Leoni, un negozietto con annesso laboratorio che dal 1935 produce coppe, targhe, medaglie e insegne. Gestione familiare, ormai siamo alla terza generazione dei Moschini da nonno Vittorio, il testimone è passato a papà Luigi, detto Nino, fino all'attuale titolare, Cristiano, 60 anni di cui 40 trascorsi in azienda. Ma prima dei Moschini c'erano i Santi, da cui il nome dell'azienda. Fu Alessandro Santi, incisore della Real casa, ad iniziare l'attività nel 1850. E dopo 170 anni, nonostante i grandi cambiamenti della società, l'attività prosegue. «Certo abbiamo dovuto adeguarci ai tempi - conferma Cristiano - ora il plexiglass ha sostituito molte targhe, però se qualcuno vuole un oggetto commemorativo che duri nel tempo, è meglio affidarsi al metallo lavorato a mano da un incisore. La qualità artistica fa la differenza».

IL TROFEO DELLA CANZONE
Ma se è abbastanza logico che una bottega artigiana di Venezia realizzi i premi per la Mostra del Cinema del Lido, sembra molto più strano che si occupi anche del Festival della canzone. Il merito è dei polmoni del commendator Vittorio Moschini che avevano bisogno di respirare aria iodata vicino al mare: «Ogni anno mio nonno andava a svernare per tre mesi a Sanremo - racconta il nipote - per respirare aria buona e univa le terapie al profitto. Ha allacciato rapporti con il Comune, i gestori delle spiagge del litorale, il Casinò, Bordighera e quando tornava a Venezia era carico di ordinazioni per la Liguria. Così quando, negli anni Cinquanta, è nato il Festival della canzone la nostra azienda ha avuto l'incarico di realizzare l'oggetto artistico da donare al vincitore».

ARTE E PERFEZIONE
I trofei di Sanremo sono molto elaborati, delle vere sculture artistiche di elevato valore, realizzati da grandi cesellatori a cui la Santi si affida. Pezzi unici che non si possono replicare. «Il Comune non consente che vengano eseguite delle copie - spiega Moschini - nemmeno nel caso di vincitori plurimi. Per esempio i ragazzi del Volo sono tre, ma il premio è rimasto a uno solo. Non so chi lo abbia tenuto, forse la casa discografica». A Venezia le cose vanno diversamente, i premiati sono molti e Moschini sforna leoni in serie. «I pezzi da realizzare sono una ventina, perché la Biennale ha deciso da anni che tutti i vincitori abbiano un trofeo simile. La differenza sta nel metallo: oro per il vincitore e i Leoni alla Carriera, argento o bronzo per gli altri premiati. Per la verità quest'anno ci sarà una novità: al posto dei leoni in bronzo mi hanno chiesto leoni neri. Inoltre devo preparare anche un leone color rosso Biennale, non so a chi andrà».

PREMI SEGRETISSIMI
Tutto top secret, ma proviamo ad avanzare un'ipotesi: chi, se non Paolo Baratta, il presidentissimo che quest'anno ha passato il testimone, potrebbe meritare un Leone rosso Biennale? «Non so nulla - chiude il discorso Moschini - io ricevo solo le ordinazioni e poche ore prima della cerimonia la Biennale mi manda una email con l'elenco dei nomi da incidere. Un lavoro delicato da fare in poco tempo, stando ben attenti a non sbagliare qualche lettera, perché spesso si tratta di registi o attori dai cognomi piuttosto complicati». Ma la Santi Venezia non vive solo di Festival: quei premi sono il fiore all'occhiello, il marchio di qualità. La quotidianità è fatta di oggetti meno prestigiosi. Una gamma vastissima: dalle targhette per i campanelli a quelle segnaletiche, dagli astucci alle coppe e ai trofei, dalle medaglie ai portachiavi, dagli oggetti di oreficeria fino ai timbri». Timbri? Al giorno d'oggi c'è ancora chi usa i timbri? «Sembra incredibile - chiarisce Moschini - ma nell'era di internet sono ancora molte le aziende e gli uffici che adoperano il timbro per convalidare le pratiche. Del resto noi abbiamo una clientela eterogenea e cerchiamo di curare molto i veneziani, il nostro zoccolo duro, anche se purtroppo la città non è più la stessa».

TIMBRI & AFFINI
La lingua batte dove il dente duole e Moschini coglie l'occasione per levarsi qualche sassolino: «Venezia sta radicalmente cambiando, spariscono i negozi artigianali e spuntano botteghe che vendono cianfrusaglie di dubbia qualità. Io sono stato tentato più volte dall'idea di trasferirmi in terraferma, abbatterei i costi di gestione, ma non lo farò mai. Mi sentirei un traditore. Ho anche la fortuna di avere un proprietario del negozio che chiede un affitto umano e durante il lockdown mi è venuto incontro con una riduzione. Ma lo sa che ci sono negozianti che pagano 8-10, anche 12 mila euro di affitto al mese! Come possono resistere? Come può sopravvivere Venezia, se tutti la spolpano?». 

LA SERENISSIMA
Anche Santi Venezia, per resistere, deve strizzare l'occhio ai turisti proponendo gadget che li attirino. «Il souvenir che piace di più ai visitatori stranieri è la bandiera della Serenissima. Ne vendo molte. Un giorno è entrato un signore con un cappello da texano e ne ha comprata una. Quando ha pagato l'ho riconosciuto: era Larry Hagman, il J R della serie Dallas». Nella bottega di calle delle Bande i big del cinema sono virtualmente di casa. Un elenco lunghissimo di attori e registi, la cui carriera è stata suggellata ad imperitura memoria nelle targhe dei Leoni, incisi da Cristiano Moschini e prima dal padre e dal nonno. Però è inutile chiedere anticipazioni quando sarà il momento delle premiazioni. I Santi non parlano. 

(vittorio.pierobon@libero.it) 
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