Le intercettazioni dei Sinti: «Andiamo
al lavoro» e si preparavano ai furti

Venerdì 30 Settembre 2011 di Gianluca Amadori
Il blitz dei carabinieri a Favaro
VENEZIA - Stiamo andando al lavoro! Era questa la formula normalmente utilizzata dai componenti della presunta associazione per delinquere sgominata ieri dai carabinieri, quando al telefono parlavano dei furti che stavano per commettere. «Siamo in giro. Siamo al lavoro», spiegavano ad amici e familiari, tutti accomunati dall’appartenenza all’etnia Sinti, pronti ad aiutarli alla bisogna.



È interessante leggere il contenuto dei colloqui registrati dagli investigatori nelle migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali grazie alle quali, in un anno di indagine, sono riusciti ad "inchiodare" la presunta organizzazione criminale e i suoi fiancheggiatori. Una vettura in uso al sodalizio è stata seguita per mesi grazie ad un rilevatore Gps, attraverso il quale gli inquirenti hanno la prova di tutti gli spostamenti e, in particolare, di quelli che coincidono con i "colpi".



«ATTIVITÀ PREDATORIA» - I componenti della banda parlavano molto al telefono, seppure fossero soliti cambiare continuamente schede sim. Molti colloqui avvengono in gergo (le vittime dei furti sono chiamate "gaggio", gli obiettivi "lacie" o "lacio"), ma sono numerosi quelli che non lasciano dubbi sulle finalità della loro continua «attività predatoria», come la definisce il gip Roberta Marchiori.

L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice (su richiesta del pm Massimo Michelozzi) è lunga quasi 300 pagine ed elenca dettagliatamente tutti gli episodi finiti sotto accusa, dedicando un capitolo a ciascuno degli indagati e al suo ruolo. Viene escluso il carattere occasionale dei reati commessi: dagli atti dell’inchiesta, al contrario, emerge la «stabilità degli accordi tra i vari soggetti permanentemente disponibili alla realizzazione di reati contro il patrimonio - scrive il gip - con la reciproca consapevolezza del contributo degli altri arrecato al comune ed indefinito programma delinquenziale».

L’organizzazione, secondo il giudice, si avvaleva di una «ben collaudata suddivisione di ruoli e di compiti» e i suoi componenti offrivano «una costante quotidiana dedizione alla commissione di una serie indeterminata di reati».



«SONO PERICOLOSI» - Il gip parla di «spiccata pericolosità sociale» degli indagati e motiva le misure cautelari con il pericolo di inquinamento probatorio, il pericolo di fuga e quello di reiterazione di reati dello stesso tipo: molti di loro, infatti, hanno una lunga serie di precedenti e alcuni, al telefono, parlavano di volersene andare presto all’estero. Da tempo, infatti, qualcuno sospettava dell’esistenza dell’inchiesta e temeva che i telefoni fossero sotto controllo. Ma alla fine, nonostante le mille cautele, molte intercettazioni risultano eloquenti malgrado il linguaggio talvolta criptico.



«CONTROLLA IL BOTTINO» - «Dai, dai... conta, conta... bracciali in oro, anelli d’oro, diamanti...», si dicono in auto, nell’evidente concitazione della fuga dopo un furto - due componenti della banda intenti a controllare soddifatti il bottino.

L’attività principale, e maggiormente remunerativa, dell’associzione riguarda i furti ai danni di rappresentanti orafi, dei quali dimostrava di avere «profonda conoscenza di spostamenti e abitudini». Le vittime venivano seguite per giorni, anche da 5-6 auto diverse, e il furto avveniva nel momento migliore, spesso durante la pausa pranzo, quando la valigia con i preziosi, lasciata nel bagagliaio, veniva sottratta dopo aver fracassato il lunotto della vettura.



FURTI IN APPARTAMENTO - Numerose anche le abitazioni svuotate, attività alla quale, normalmente, si dedicavano i più giovani, con modalità ben definite: sopralluoghi preliminari e poi entrata con scasso nelle villette o appartamenti, dopo aver accertato l’assenza dei proprietari. «Risulta pienamente provato il vincolo associativo fra tutti i soggetti che svolgono i citati ruoli, con la consapevolezza di far parte dell’associazione stessa e del proprio ed altrui contributo alla realizzazione degli scopi e dei programmi criminosi».



I RICETTATORI - L’elevato livello dell’organizzazione viene confermato, secondo il gip Marchiori, dall’efficienza del "servizio" di ricettazione della merce rubata. Alcune persone erano sempre pronte a ricevere il provento dei furti per poi rivenderlo, versando il controvalore pattuito ai componenti dell’associazione criminale: «Determinante il contributo prestato dai ricettatori alla efficace realizzazione del programma criminoso garantendo un sollecito realizzo del valore dei preziosi rubati», si legge nell’ordinanza.

I primi interrogatori si svolgeranno domani mattina. Una decina di indagati hanno nominato quale difensore di fiducia l’avvocato Giorgio Pietramala.
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 19:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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