La seconda vita di Stefy, l'albergatrice diventa "Mamafrica"

Mercoledì 18 Ottobre 2017 di Raffaella Ianuale
La seconda vita di Stefy, l'albergatrice diventa "Mamafrica"
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VENEZIA - LA STORIA
Ha costruito quattro pozzi, pagato gli interventi chirurgici a una bimba permettendole di tornare a camminare, acquistato centinaia di lettini, coperte e zanzariere. Ma ha anche comperato pecore e galline da destinare all’allevamento, costruito recinti, portato nei villaggi centinaia di scatoloni di medicinali. E la lista non è conclusa: servono infatti ambulatori, ambulanza e altri pozzi per l’acqua potabile. Partendo dalla filosofia «io ho ricevuto molto è giunta l’ora che restituisca qualcosa» Stefania Venchierutti, 52 anni, albergatrice veneziana, ha utilizzato la sua esperienza imprenditoriale per dare un aiuto ai villaggi poveri del Senegal. Tutto costruito attraverso il passaparola, la raccolta di soldi e materiali offerti da amici e la sua presenza in Africa. Vive tra Venezia e Bibione, dove ha un paio di alberghi, durante la stagione estiva del turismo e appena cala l’autunno prende il volo diretta a Dakar.
BIMBI DI STRADA
Tutto ha inizio quattro anni fa con una vacanza, nemmeno programmata, in Senegal. «Subito mi colpì la presenza di tantissimi bambini di strada - racconta Stefania - piccoli di pochi anni vestiti di nulla che chiedevano l’elemosina. Poi mi hanno spiegato che sono i talibè, arrivano dai villaggi poveri del Sud e i genitori li abbandonano per anni nelle scuole coraniche. Qui trascorrono il tempo imparando a memoria i versetti del Corano e questa è la loro unica forma di istruzione. Hanno una guida spirituale che spesso li sfrutta per l’accattonaggio. E quindi questi bambini vagano per le strade a caccia di carità, talvolta vittime di segregazione e violenze». Questo viaggio, che doveva essere uno dei tanti alla scoperta di nuovi paesaggi, l’aveva colpita nel profondo. Così l’anno successivo è tornata in Senegal, questa volta però si è fermata all’orfanotrofio La Pouponnière di Mbour. E qui inizia l’avventura.
ORFANOTROFIO
I bimbi dormivano a terra in preda a insetti e zanzare. Così ha comperato i primi lettini, con lenzuola e zanzariere. Ha portato loro anche scatoloni di medicinali, antibiotici che ha consegnato al dispensario, tanto latte in polvere e regali di Natale per ogni piccolo. Un’esperienza che le ha cambiato l’esistenza. «Non ho figli e la vita mi ha dato davvero tanto - racconta l’albergatrice di terza generazione che gestisce gli alberghi aperti dal nonno e dai genitori - quindi ho pensato che era giunto il momento di dare qualcosa a questi piccoli che non hanno niente».
I POZZI
In mezzo a quel nulla non c’era nemmeno l’acqua: le donne andavano a prenderla con le taniche. Allora ha lanciato l’sos agli amici ed ecco arrivare i primi finanziamenti dell’Associazione albergatori Bibione, ma anche l’associazione “Foresta” di Padova l’ha aiutata, così come i negozi di scarpe, le farmacie e i conoscenti. Tutti a dare qualcosa. Ha iniziato quindi a caricare scatoloni di medicinali nei container diretti in Senegal e con i primi seicento euro raccolti ha costruito un pozzo. Per rendere partecipi i benefattori ha aperto il profilo Facebook “Stefy Mamafrica” - come la chiamano i bambini senegalesi - in cui coinvolge tutti. Eccola che apre gli scatoli di medicinali, scarta i giocattoli, realizza i pozzi con incisi i nomi di chi ha collaborato all’opera.
FACEBOOK
«Tutti coloro che mi aiutano devono vedere che quello che mi danno arriva a destinazione e che i loro soldi si tramutano in opere utili» dice Stefania Venchierutti che ormai vive sei mesi l’anno tra gli africani ed è considerata una di loro. Ma per capire quanto finora ha fatto basta sfogliare il profilo di Mamafrica. Ecco Mbene, la piccola di 7 della regione di Durbel costretta a trascinarsi perché un’ustione con acqua bollente le aveva compromesso i tendini delle gambe. «Essere storpi in Africa significa morire - racconta la volontaria - Con due operazione siamo riusciti a rimetterla in piedi. Così come abbiamo operato il braccio ad un ragazzo al quale avevano quasi reciso una mano durante una rapina». Ma nel profilo ci sono gli scatolini con quaderni, libri e matite offerti da Arianna, Eva, Giusy, Rosanna..., i medicinali dati dalla farmacia di Bibione, cento paia di scarpine del calzaturificio “Bidon” e via di seguito. Tutto consegnato in diretta e “ripagato” dai sorrisi meravigliosi di questi piccoli. «Ora devo ripartire, mi aspettano» dice Stefania che ha già preparato nuovi scatoloni e raccolto soldi per ritornare in quella che è diventata la sua Africa.


 
Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 19:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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