Il primario della "trincea" Covid: «È stata una battaglia, all'inizio abbiamo avuto paura»

Mercoledì 3 Giugno 2020 di Giuseppe Babbo
Dott. Brollo, primario del reparto di Terapia intensiva di Jesolo
CAVALLINO-TREPORTI  - Un omaggio a chi ha passato gli ultimi tre mesi in prima linea, per combattere un nemico subdolo. Le forze dell’ordine ma anche i vari gruppi di volontari e il personale sanitario. Le celebrazioni della festa della Repubblica a Cavallino-Treporti sono state dedicate a tutte queste figure. Per questo ieri mattina, la sindaca Roberta Nesto, per la cerimonia che si è svolta nella piazza del Municipio, ha inviato i rappresentati della Polizia locale, Carabinieri, volontari della Croce Verde, Protezione civile e Uildm. Ma soprattutto i rappresentanti dell’ospedale di Jesolo, per tre mesi diventato Covid Hospital con 300 persone curate.

A rappresentare il personale sono state due infermiere, alle quali è spettato anche l’onore di deporre la corona al monumento ai Caduti, e il dottor Lucio Brollo, primario di medicina e responsabile dei tre reparti di malattie infettive aperti a Jesolo il 15 marzo e chiusi sabato scorso. Nel suo intervento ha fatto un forte riferimento al senso di unità per rilanciare il territorio.

Dottore, che effetto vi ha fatto essere tra i protagonisti delle celebrazioni per la festa della Repubblica?
«La nostra presenza ha rappresentato nel modo migliore la nuova immagine che tutto il personale sanitario ha acquisito in questi mesi, siamo stati rivalutati. Attorno a noi avvertiamo una nuova consapevolezza e un maggior senso di fiducia. Durate la celebrazione le nostre infermiere hanno deposto la corona al monumento ai Caduti: è stata una grande emozione».
Di fatto è stato anche un omaggio a chi ha perso la vita per sconfiggere il virus… 
«Abbiamo vinto una battaglia, ma non ancora tutta la guerra. Ricordo che in questi mesi abbiamo ricevuto doni di ogni tipo e continui incoraggiamenti. Si tratta di gesti che ci hanno dato una grande forza».

Come è iniziata l’avventura del Covid Hospital di Jesolo?
«Il 7 marzo ho ricevuto la telefonata del direttore Bramezza che mi annunciava la trasformazione dell’ospedale di Jesolo. Ci siamo attivati immediatamente e in appena 96 ore avevamo riconvertito l’ospedale». 

Con quali sensazioni? 
«Abbiamo avuto paura, soprattutto all’inizio. Avevamo tutti i dispositivi necessari, in questo senso l’Azienda ha fatto uno sforzo enorme anche a livello economico. Ciò nonostante due di noi sono risultati positivi e questa circostanza ci ha preoccupato molto. Anche perché stiamo parlando di un virus nuovo e sconosciuto. Inizialmente il problema sembrava legato solo alla Cina, poi ad altri paesi orientali fino ad arrivare ai due casi di Roma. Con questa premessa ci siamo ritrovati nel mezzo di una pandemia, quello che è successo dopo lo conosciamo tutti. Per noi la svolta è arrivata quando abbiamo capito che la situazione poteva essere gestita».

Come avete affrontato il Covid-19? 
«Con armi non convenzionali proprio perché di questo virus all’inizio non sapevamo nulla. Abbiamo usato degli anti virali usati per altre terapie, per esempio i farmaci anti Hiv. E poi abbiamo fatto riferimento ai protocolli indicati dallo Spallanzani di Roma e dall’ospedale Sacco di Milano. Ma anche a quelli arrivati dalla Cina».
Con quali risultati?
«Ottimi. Il nostro lavoro è stato paragonato a quello dell’Azienda ospedaliera di Padova ma soprattutto è ritenuto tra i migliori a livello italiano. Non stato facile: studio da 30 anni l’evoluzione dell’Epatite, in sei mesi conoscere come si comporta un virus sconosciuto è quasi impossibile. Lo ripeto, abbiamo vinto una battaglia ma non la guerra, ed è bene fare ancora attenzione. Sabato scorso abbiamo chiuso il Covid Hospital di Jesolo, speriamo per sempre, ma se necessario siamo pronti a riaprilo in porche ore».
Come va affrontato questo periodo?
«Con accortezza. Non possiamo più permetterci un periodo di chiusura come quello vissuto nei mesi scorsi, le conseguenze economiche sarebbero devastanti. Dobbiamo ricordarci che il virus non è scomparso e per questo dobbiamo prestare attenzione ai rapporti interpersonali. Non sappiamo cosa potrà accadere nel prossimo futuro ed è per questo che il livello di attenzione non si deve abbassare».
Sulla costa ci si sta preparando a vivere una nuova estate, cosa si aspetta?
«Anche la nostra Ulss si sta preparando all’attività stagionale, predisponendo la medicina turistica e questo per tutti deve essere un segnale importante. Mi aspetto che la gente sia matura, che rispetti la regola del distanziamento ed eviti assembramenti, in spiaggia e nei locali».
Giuseppe Babbo 
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 11:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci