Interprete in sala operatoria durante l'operazione al cervello

Mercoledì 8 Luglio 2020
Interprete in sala operatoria durante l'operazione al cervello
MESTRE L'interprete in sala operatoria per dialogare con il paziente straniero, rimasto sveglio mentre lo operano al cervello nel corso di un intervento durato sei ore. Sembra fantascienza, ma questo avviene all'ospedale dell'Angelo.
Entrato per rimuovere una lesione dovuta ad una malformazione vascolare, il paziente nepalese bilingue è stato assistito - oltre che dall'équipe dei neurochirurghi - anche da una interprete che ha costantemente monitorato le funzioni del suo linguaggio nella lingua madre, per evitare che potessero subire delle ripercussioni nel corso dell'operazione.

«Si doveva intervenire in un'area critica del cervello, dove appunto hanno sede anche le funzioni relative al linguaggio - spiegano dall'Ulss 3 -. Dopo aver mappato l'area, il percorso per risolvere la lesione è stato guidato proprio dal paziente in base alle sue risposte ai test dinamici, come, ad esempio, comunicare correttamente il nome dell'oggetto mostrato in una foto, eseguiti sia in italiano che in nepalese». E così, da una parte c'erano i neurochirurghi che gli parlavano in italiano e, dall'altra, una giovane connazionale del nepalese residente a Oriago di Mira, fresca di abilitazione come operatrice socio sanitaria. «Da molti anni la nostra équipe di Neurochirurgia aggiunge il direttore generale dell'Ulss 3, Giuseppe Dal Ben interviene sulle lesioni al cervello in aree critiche. Si esegue l'intervento a paziente sveglio, per preservare le funzioni di quelle aree: mentre i neurochirurghi agiscono, il soggetto risponde a dei test predefiniti e in questo modo permette ai chirurghi di operare la lesione con il minor danno possibile». «In questo caso specifico - racconta il primario di Neurochirurgia, Franco Guida - intervenendo su una persona normalmente in grado di parlare due lingue, abbiamo eseguito i test e le domande al paziente sia nella lingua acquisita, l'italiano, sia nella lingua madre, il nepalese: nel cervello del paziente le funzioni relative a queste due capacità di comunicare risiedono infatti in aree differenti, anche se tra loro correlate, ed è nostro obbligo monitorare entrambe queste aree e le relative funzioni».«Preparando l'intervento prosegue il primario l'équipe della Neurochirurgia ha preso contatti con la comunità nepalese di Venezia, che si è subito resa disponibile, mandandoci una giovane bravissima interprete». «Ho avuto per tutto il tempo la pelle d'oca racconta Sulochana (Dolma) Lama e non lo scorderò quelle ore per il resto della mia vita. Sono rimasta affascinata dalla straordinarietà di quanto stava accadendo. E la paura è sparita».
Il paziente, già dimesso, ha espresso tutta la sua gratitudine all'équipe di Neurochirurgia e a quella di Neurologia, e qualche giorno dopo l'intervento, attraverso l'interprete d'eccezione, Sulochana, l'Associazione nepalese veneziana ha consegnato al primario Guida una sciarpa di seta con preghiere tibetane e una targa di ringraziamento. Vogliamo porgere i più sentiti e devoti ringraziamenti per l'assistenza fornita al nostro connazionale durante il suo percorso di cura, ha scritto Chapagain Rajan, presidente dell'associazione e rappresentante degli 80 nepalesi della provincia veneziana. 
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