CHIOGGIA - «Da sette anni lavoriamo come terremotati: chiusi in un container.
L'ALLARME
«Le pareti di ferro non sono coibentate non riparano dal freddo d'inverno, né dal caldo d'estate. Il riscaldamento, a pompe di calore (che funzionano in maniera altalenante) non è uniforme: l'aria calda resta in alto e, stando seduti delle ore, a fine giornata, abbiamo mezzo corpo caldo e mezzo corpo freddo. Il ronzio delle apparecchiature (server della scuola e centralino telefonico) è stressante, tra una scrivania e l'altra, ci sono rotoli di fili elettrici, il pulviscolo del toner della fotocopiatrice si accumula nell'aria e è difficile aerare i locali, perché dagli infissi, ormai vetusti, se aperti, entra l'acqua. E la postazione del bidello è un banco di scuola messo in un corridoio, senza riscaldamento».
Che sia a causa della mancanza di ricircolo dell'aria se queste persone hanno preso il Covid, in massa, tre volte in tre anni? Anche l'archivio è in pericolo: i faldoni (giacché non tutto è stato digitalizzato) sono accumulati in una stanza priva di finestre e di controllo della temperatura e sono, quindi soggetti a deterioramento. E le cose non vanno meglio per gli utenti della segreteria, insegnanti e genitori, che hanno bisogno di qualche documento. «Aspettano fuori in fila, piova o nevichi, perché dentro non c'è posto». Tale situazione è stata certificata anche dal medico del lavoro, nel corso dell'ultima ispezione, e prospettata nelle tre richieste (a gennaio, settembre e novembre) di sopralluogo che i lavoratori hanno inviato allo Spisal «senza ricevere alcuna risposta e senza che nessuno sia venuto a controllare». Di qui la decisione di rivolgersi, passati i 30 giorni canonici dopo quest'ultima segnalazione allo Spisal, anche alla Magistratura.
PROVVISORIO
Il container era stato pensato, dall'amministrazione comunale, come soluzione provvisoria quando gli uffici di segreteria del comprensivo Chioggia 3, erano stati sfrattati dal Cini, di proprietà della Città metropolitana. Il costo di affitto della struttura prefabbricata, 30mila euro l'anno, ma ora salito a 40mila, avrebbe permesso la costruzione ex novo di un edificio in mattoni in cui ospitare la segreteria dell'istituto, ma non se ne è mai fatto nulla.
Nel corso degli anni si sono ipotizzate altre soluzioni, come il sopraelevamento del Righi, che avrebbe messo disposizione nuovi spazi, o l'accorpamento di due o più istituti comprensivi, in modo da ridurre il numero degli uffici di segreteria, ma anche questo non ha avuto alcun esito.
«Sono anni che vengono fatte promesse di un cambio di luogo - ripetono, ancora una volta, i lavoratori della scuola ma tutto cade nel nulla, cambiano le amministrazioni comunali ma le promesse rimangono promesse. E ora che anche tutti sappiano che qui viviamo come una famiglia di terremotati».