Imprenditore detenuto in Sudan, l'ambasciatore: «Marco Zennaro visitato 58 volte, fatto ogni passo per tutelarlo»

Lunedì 24 Maggio 2021 di Davide Tamiello
Marco Zennaro, 46 anni

VENEZIA - «L'ambasciata italiana ha sensibilizzato ufficialmente tutte le possibili istanze politiche e istituzionali in Sudan, richiedendo il rispetto dei diritti del connazionale in termini di condizioni sanitarie, di sicurezza e di protezione, di trattamento giusto e proporzionato presso la struttura carceraria e perché si giunga in tempi brevi a una soluzione del caso». L'ambasciatore italiano in Sudan, Gianluigi Vassallo, è intervenuto con una nota ufficiale sul caso di Marco Zennaro, il 46enne imprenditore veneziano, titolare della Zennaro Forniture elettriche Srl, detenuto nel commissariato di Khartoum con l'accusa di una presunta truffa ai danni di ditte locali. «Abbiamo seguito il caso fin dal primo momento in stretto accordo con la Farnesina - continua l'ambasciatore - Dal 1 aprile, infatti, il connazionale ha ricevuto 58 visite consolari dal personale dell'ambasciata, che proseguono tutt'ora con frequenza bisettimanale.

Abbiamo inoltre fornito generi alimentari, indumenti, biancheria, libri e altri beni necessari». 


NODI DA SCIOGLIERE

Rassicurazioni che, però, non bastano a placare l'angoscia della famiglia Zennaro che continua a rimanere in attesa di diversi passaggi in questa vicenda. In primis la discussione del ricorso sulle modalità detentive del 46enne veneziano. In pratica, l'equivalente sudanese del nostro riesame: se accolto Marco potrebbe ottenere una diversa misura cautelare, dai domiciliari in albergo all'obbligo di firma. «Aspettiamo questo ricorso dal 1. aprile - spiega il fratello di Marco, Alvise - però continuano a rinviare. Doveva essere lunedì ed è stato spostato a giovedì, poi di una settimana, poi di un'altra». L'altra questione in ballo è quella del trasferimento di Zennaro in una struttura sanitaria. Il 46enne veneziano, infatti, soffre di alcune patologie per cui la reclusione non sarebbe decisamente indicata. Infatti il procuratore di Khartoum ha già autorizzato il passaggio dal commissariato all'ospedale. La polizia sudanese, però, ha fatto le classiche orecchie da mercante e Marco continua a rimanere in quella cella con altri 30 detenuti. 


NUOVE ANALISI

Forse però la mossa più attesa è quella della società di Energia nazionale del Sudan, la Segec, destinataria finale della fornitura di trasformatori per cui Marco è stato incriminato. Zennaro, infatti, aveva preso accordi con il mediatore Ayman Gallabi: l'imprenditore sudanese avrebbe acquistato da lui la fornitura per poi rivenderla alla Segec. Gallabi (trovato morto venerdì in circostanze misteriose, annegato nel Nilo) era stato finanziato, per l'operazione, da un militare vicino al generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, leader delle milizie ribelli, Abdallah Esa Yousif Ahamed, l'uomo che ha emesso il mandato di arresto per Zennaro.

A far scattare l'accusa sarebbero stati dei parametri sballati rispetto a quelli dichiarati dall'azienda veneziana: solo che per certificarli i sudanesi si erano rivolti al laboratorio dell'azienda concorrente di Zennaro. In un paese provato dalla rivoluzione, in cui la corruzione ha raggiunto standard elevatissimi, è facile pensare quindi che quei valori possano essere stati alterati di proposito, per andare ad avvantaggiare chi potrebbe prendere il lavoro e l'incarico al posto della ditta di Marco. «Chiediamo che vengano fatti dei nuovi test da parte di un terzo laboratorio, imparziale e certificato», ribadisce Alvise Zennaro. I test dovrebbero essere richiesti, in realtà, da Gallabi, in quanto cliente diretto della Zennaro Forniture Elettriche, che però, appunto, è morto. Al posto suo chi potrebbe muoversi (ma purtroppo senza nessun obbligo) è la Segec: se i valori dovessero risultare nella norma, l'incriminazione nei confronti del 46enne verrebbe inevitabilmente a cadere.

 

Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 08:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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