Imprenditore veneziano prigioniero in Sudan. Disperato appello di Marco Zennaro: «Venitemi a prendere»

Venerdì 28 Maggio 2021 di Davide Tamiello
Disperato appello di Marco Zennaro dal Sudan: «Venitemi a prendere»

VENEZIA - «Venitemi a prendere». L'appello, struggente e disperato, è di Marco Zennaro, il 46enne imprenditore veneziano detenuto in Sudan in una cella del commissariato di Khartoum dal 1. aprile. Quelle semplici tre parole sono rimbalzate dalla bocca di Marco al suo avvocato, poi riportate ai famigliari e riferite a chi sta lavorando da giorni per riportarlo a casa: dal deputato Nicola Pellicani, primo a interessare il ministero degli Esteri, alla stessa Farnesina, all'ambasciatore italiano in Sudan Gianluigi Vassallo.
La questione è particolarmente delicata: il procuratore generale di Khartoum, infatti, aveva ordinato l'immediata scarcerazione dell'imprenditore dichiarando nulle le accuse a suo carico.

Sembrava fatta, ma mentre stava uscendo dal commissariato i miliziani l'hanno ripreso e nuovamente arrestato. Ai famigliari non è stata data nessuna spiegazione, così come all'avvocato della famiglia, Ayman Khaled, e all'ambasciatore. Il legale dei Zennaro ieri ha cercato il procuratore generale per tutto il giorno, non riuscendo però a trovarlo né in tribunale né al telefono.

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LA SENTENZA

Eppure il procuratore era stato chiaro. « I membri della pubblica accusa di tutti i gradi hanno accettato di rifiutare (il procedimento penale, ndr) e di rilasciare l'accusato, annullare il caso e revocare il divieto di viaggio.
Dopo aver esaminato i fatti, è apparso chiaro che l'attore (il miliziano Abdallah Esa Yousif Ahamed che lo accusa e che lo sta tenendo rinchiuso in commissariato, ndr) non aveva la capacità di avviare questa causa contro l'imputato, in quanto non vi era alcuna interazione diretta tra l'attore e l'imputato, ed è stato inoltre riscontrato che l'imputato Zennaro non ha utilizzato mezzi fraudolenti». A fronte di questo, il procuratore ordinava di «annullare la decisione del capo dell'accusa, annullare la causa contro l'imputato Zennaro, rilasciarlo immediatamente e annullare il divieto di viaggio». Tutto inutile, però. Pare da fonti non ufficiali che Abdallah (che chiede a Zennaro 700mila euro per il rilascio) si sia opposto alla sentenza chiedendo un supplemento delle indagini. A che titolo, però, non è chiaro: è evidente che in Sudan le milizie gestiscono il potere giudiziario in barba anche alle istituzioni locali. Inoltre, la Sedc, la società elettrica nazionale, avrebbe rifiutato di sottoporre i trasformatori esportati dalla ditta di Zennaro a nuovi test in un laboratorio imparziale (l'accusa era stata mossa per un'analisi svolta dall'azienda cinese concorrente di Marco). Il motivo non è chiaro, ma il sospetto che anche in questo caso ci sia lo zampino dei miliziani non è poi così campato in aria: se i test rivelassero, in effetti, che i prodotti non sono fuori norma, l'accusa non avrebbe più nessun fondamento. Ma a questo punto anche questi dettagli sembrano superflui, visto che le milizie non vogliono sentire ragioni e sembrano intenzionate a rilasciare Marco solo dopo il pagamento di quello che sembra a tutti gli effetti un riscatto. La prossima mossa, adesso, spetta alla Farnesina.

Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 14:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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