Derisero cliente grassa su Whatsapp. I giudici alla Gucci: «Riassumeteli»

Mercoledì 27 Febbraio 2019 di Roberta Brunetti
Derisero cliente grassa su Whatsapp. I giudici alla Gucci: «Riassumeteli»
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VENEZIA - Erano stati licenziati in tronco dalla società che gestisce il marchio Gucci: il direttore e 4 responsabili vendite del negozio veneziano di Calle Larga XXII Marzo, la via del lusso a San Marco. Tutti colpevoli, secondo la Luxury good Italia spa, di aver postato su whatsapp tra colleghi immagini goliardiche che ritraevano anche clienti del negozio. Succedeva un anno fa, ma ora il Tribunale del lavoro di Venezia sta annullando quei licenziamenti, in virtù dell'inviolabilità di una chat privata, che va equiparata alla corrispondenza. Una prima commessa era stata reintegrata un mese fa, mentre in questi giorni è stata depositata una seconda sentenza che annulla il licenziamento di un'altra responsabile vendite. Il direttore aveva già optato per una transazione con la società, mentre pende il ricordo di una terza dipendente. Una vicenda che, alla fine, potrebbe costare diverse decine di  migliaia di euro alla Luxury good. Intanto le due sentenze già depositate confermano quella che è ormai una giurisprudenza della Cassazione, secondo cui i «messaggi scambiati in una chat privata vanno considerati come la corrispondenza privata, chiusa e inviolabile».

E proprio per la loro riservatezza non possono ritenersi diffamatori.
L'ultima sentenza è quella che riguarda una giovane ex responsabile vendite, Orsola Sartori, che aveva già maturato nove anni di esperienza nel negozio veneziano di Gucci. Nel febbraio scorso la donna si ritrovò licenziata, con l'accusa di aver postato il video di una «cliente particolarmente corposa in area vendita con il palese intento denigratorio di metterne in evidenza le fattezze fisiche». Per lei fu un incubo, finito solo con la sentenza. «Per questo oggi la mia cliente vuole rendere pubblica la sua storia - spiega il suo avvocato, Dube Rotelli - Le modalità stesse del licenziamento furono traumatiche. Arrivarono da Firenze come in un blitz e fecero uscire i cinque dal negozio, quasi fossero dei delinquenti. Per la mia cliente, che aveva una carriera impeccabile, una qualifica di responsabile e solo un mese prima aveva ricevuto una lettera di complimenti dall'amministratore delegato, fu choccante».

VELENI IN NEGOZIO
Nel suo ricorso l'ex responsabile ammette di aver ripreso la cliente, ma senza fini denigratori, nega poi di aver postato il video nel gruppo. Secondo la sua ricostruzione lo avrebbe fatto una collega invidiosa per una promozione in arrivo, sottraendole il telefonino dall'armadietto. E tutta la vicenda del gruppo whatsapp sarebbe nata dalla soffiata di alcune colleghe, in lizza per la stessa promozione. Un clima di veleni che avrebbe portato alle segnalazioni anonime arrivate sul tavolo dell'amministratore delegato a Milano. Tra i video inviati, oltre a quello della cliente sovrappeso, anche uno del direttore del negozio che usciva dal bagno in mutande, con una bottiglia in mano.

WHATSAPP
La sentenza non entra nel merito di chi abbia postato il video, ma si concentra sulla natura dei messaggi scambiati nel gruppo whatsapp dei colleghi. Uno scambio che «costituisce corrispondenza privata - scrive il giudice Chiara Coppetta Calzavara - garantito dalla segretezza, diritto inviolabile che può essere limitato solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite per legge. Deve dunque escludersi l'utilizzabilità di tale comunicazioni, le quali non potevano né dovevano essere divulgate dai membri del gruppo whatsapp». Insomma una «comunicazione privata tra colleghi, in quanto tale segreta» non può «costituire fatto conoscibile e quindi disciplinarmente rilevate». Di qui la decisione del giudice di annullare il licenziamento e reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro, con un risarcimento per i mesi in cui è rimasta senza lavoro. In realtà, giunti a questo punto, la donna non vuole più rientrare in quel negozio e ha chiesto l'indennità sostitutiva. Ancora da conteggiare.
Roberta Brunetti
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Ultimo aggiornamento: 15:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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