L'ultimo sogno di Gardini: quella maxi vela di 61 metri ora è un relitto a Marghera

Martedì 16 Luglio 2019 di Tiziano Graziottin
L'ultimo sogno di Gardini: quella maxi vela di 61 metri ora è un relitto a Marghera
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La tragica vicenda umana di Raul Gardini, parabola affascinante e inquietante, è sempre stata legata a doppio filo a Venezia, e quel Moro che portò alla vittoria nella Louis Vuitton Cup di San Diego nel 1992 fu (anche) un omaggio al legame che l'imprenditore ravennate avvertiva fortissimo con la Serenissima. Quasi tutte le sue avventure imprenditoriali e sportive sono state in qualche modo riconducibili alla città d'acqua per eccellenza, e anche in quel luglio del 93, nel periodo nero che lo portò a togliersi la vita - ormai convinto che gli investigatori lo avessero messo nel mirino per arrestarlo, nel pieno del ciclone tangentopoli - stava forgiando una nuova impresa, rimasta inconclusa. Pochi sanno che uno scafo in abbandono ma ancor oggi possente, emblema della maestosità che  avrebbe dovuto ispirare una volta in mare, è ancora ormeggiato nel canale industriale ovest di Porto Marghera, osservato con un misto di curiosità e rispetto dai portuali che hanno occasione di passarci vicino. Quel relitto è vera testimonianza della gloria che fu, ma forse più ancora emblema di un ultimo azzardo, un sogno che non arrivò a vedere l'alba. Si tratta infatti dello scafo del Bucintoro, il maxi yacht a vela (lungo 61,5 metri, giusto per rendere l'idea della grandiosità) col quale Gardini voleva tracciare un altro segno indelebile nella nautica contemporanea realizzando quella che lui stesso immaginò come la barca a vela più bella del mondo.
IL PROGETTO DEL VISIONARIOIl ravennate aveva una doppia natura, mezzo uomo di mare e mezzo imprenditore, e il carattere dell'uno non prevaleva mai sull'altro: il Bucintoro in effetti doveva essere anche il grimaldello per imporre definitivamente nell'immaginario del bel mondo dell'epoca i Cantieri Tencara di Marghera (dove era nato il Moro di Venezia, che aveva base organizzativa alla Compagnia della Vela) come asso dell'ingegno italiano, capaci di creare un prototipo straordinario e totalmente innovativo per l'epoca in termini di design e materiali.
Un'eccellente imbarcazione in grado di affrontare ogni angolo di mare, attrezzata sotto ogni aspetto per fare il giro del mondo, ma anche per essere iconica, creata per ospitare grandi eventi e serate di gala, capace di sedurre vip e media del pianeta. Quella sfida è esplosa con il colpo che una mattina di 26 anni fa fermò il cuore di Raul Gardini, ma il senso di quella apparente follia è ancora lì, su un canale di Porto Marghera. I Cantieri Tencara fallirono nel 95, lo scafo - oggi corroso dalla salsedine e probabilmente ormai inutilizzabile, ritengono i tecnici - ha avuto varie vicissitudini legate ai passaggi di proprietà, ma la memoria di quell'ultima avventura di Raul Gardini è ancora viva ed è servita a due giovani universitari per realizzate una tesi magistrale in design navale prospettando - ma il termine va preso con le molle, intriso com'è di studi tecnici, disegni e dati - una nuova vita del Bucintoro. Giovanni Berati, 26enne di Mirano, e il collega Jacopo Pedrona, coetaneo di Forlì, hanno infatti elaborato il loro progetto intitolandolo significativamente Bucintoro, il progetto sospeso di un visionario.
UNA SFIDA AFFASCINANTE«Una sfida difficile e affascinante anche per noi - osserva Giovanni - perché il primo ostacolo da superare è stato il recupero della memoria, cioè di tutte le informazioni possibili sul Bucintoro, su come fu concepito, sull'idea stessa di mare e navigazione che doveva interpretare. Abbiamo avuto qualche colpo di fortuna, come l'incontro con Giuseppe Stevanato, che era un dipendente dei Cantieri Tencara e sul Bucintoro ci lavorò a lungo, mentre gli studi di progettazione internazionali che collaborarono con Gardini (il londinese Winch Design che aveva eseguito l'interior e l'exterior design, l'argentino German Frers che si era occupato della parte ingegneristica, la britannica Ambient creative di Darlington che si era occupata dell'operazione di marketing nel tentativo di vendita dello scafo) con nostra grande sorpresa si sono messi subito a disposizione per darci una mano».
E i due giovani designer navali hanno così sviluppato in chiave moderna quella che era l'idea originaria di Gardini, creare cioè uno yacht già del terzo millennio con grandi spazi per gli ospiti, saloni, aree relax e tutti i comfort più ricercati. «Abbiamo provato a reinterpretare in chiave moderna lo Yacht - spiega Giovanni, che oggi lavora in Olanda (a proposito di cervelli in fuga, ndr) mantenendone gli aspetti più caratteristici che meglio lo identificavano rendendolo unico. Riprendendo il concetto di funzione originale, abbiamo stravolto ulteriormente quanto già era stato introdotto da Gardini dando una nuova funzione al Bucintoro e creando qualcosa che oggi non è del tutto presente sul mercato nautico».
GLI EVENTI SUL MAREUna sorta di barca eventi adibita ad ospitare mostre, aste, show cooking, eventi di moda, e partecipare anche a regate o boat show. «Sulle forme dello scafo - precisano i due designer - sono stati effettuati alcuni piccoli ritocchi estetici in modo da permettere una continuità di forma tra le sovrastrutture e quest'ultimo. La barca presenta ampi spazi, è comoda e funzionale alle lunghe navigazioni. Questi concetti derivano da una tipologia di imbarcazione oggi molto apprezzata e diffusa: l'Explorer Yacht». Uno studio approfondito sotto ogni aspetto, peraltro con ogni probabilità destinato a restare allo stato di progetto; una suggestione che però tiene viva quell'idea di Gardini. Ed è curioso ricordare anche come è avvenuto, in modo del tutto casuale, questa sorta di passaggio di testimone: «Quando frequentavo lo Iuav di Venezia - ricorda Giovanni Berati - vidi un video di un incontro organizzato da alcuni studenti proprio su quello scafo. Mi informai e mi raccontarono nei dettagli la storia, che ascoltai quasi incredulo. Da allora mi capita spesso di pensare allo scafo abbandonato a Porto Marghera e all'incredibile vicenda che si porta dietro; il nostro lavoro per la tesi è stato in qualche modo anche un omaggio a quella storia».
Tiziano Graziottin
Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 15:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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