Helenio Herrera, il "mago" del pallone dalla vita imprevedibile e avventurosa

Lunedì 28 Settembre 2020 di Alberto Toso Fei
Helenio Herrera ritratto da Matteo Bergamelli
Helenio Herrera (1910-1997) - giocatore e allenatore di calcio


Lo chiamavano “Il Mago”, e davvero in ciò che riuscì a fare negli Anni Sessanta con l'Inter di Angelo Moratti ci fu qualcosa di irreale. Per tutti gli altri era “H.H.”, ovvero le iniziali del suo nome e cognome, destinato a entrare nella hall of fame del calcio italiano come uno degli allenatori più vincenti (e per questo anche più discussi) di sempre: Helenio Herrera, profeta del catenaccio, principe dei motivatori di gruppo, creatore della “Grande Inter”, assieme alla moglie Fiora Gandolfi scelse da un certo momento in poi Venezia come suo luogo prediletto, e in città trascorse tutta l'ultima lunga parte della sua vita.

Una vita imprevedibile, a tratti avventurosa, che dalla natìa Buenos Aires – dove aveva visto la luce il 10 aprile 1910 – lo vide partire col padre Francisco e la madre Maria Gavilan Martinez (e la sorella maggiore Aurore) verso Casablanca, allora protettorato francese. E francese si naturalizzerà più tardi, Herrera, che pur perseguendo l'obbiettivo giovanile di diventare operaio tornitore non si sottrasse alle interminabili partite di calcio – con palloni di fortuna ricavati magari dalle calze della madre – con gli amici marocchini, francesi, italiani e spagnoli. Fu proprio un amico – qualche anno più tardi – a offrirgli parte dei suoi risparmi per permettergli (dopo un inizio calcistico in club minori di Casablanca) a tentare la fortuna col calcio francese. In Francia alternò l'attività sportiva col lavoro in fabbrica, e sebbene nel 1942 arrivò a conquistare una coppa di Francia con i Red Star la sua carriera da calciatore non fu di quelle da rimanere negli annali.

Helenio Herrera trovò di lì a qualche anno la sua perfetta dimensione nella figura dell'allenatore; sviluppò una sua propria filosofia, i suoi metodi per motivare i calciatori, la maniera per creare “squadra” quando questo concetto era limitato al solo ingresso in campo. Un precursore, sicuramente, che in pochi anni mieté successi travolgenti: due campionati spagnoli con l'Atletico Madrid, tra il 1949 e il 1951, e poi il Barcellona, col quale assieme a due altri titoli nazionali vinse una Coppa di Spagna e una Coppa delle Fiere (l'antesignana della Coppa Uefa).

Fu avendolo contro come avversario in una competizione internazionale che Angelo Moratti lo notò e lo volle all'Inter; qui Herrera (avendo probabilmente anche giocatori adeguati, tra i quali un giovane Sandro Mazzola) realizzò l'equivalente calcistico di un'opera d'arte immortale: tre campionati italiani nonché due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali – in entrambi i casi consecutive – tra il 1963 e il 1966. L'Inter fu il primo club al mondo a vincere i tre titoli in una stagione.

I suoi slogan (“Tacalabala”, “Pensa veloce, agisci veloce, gioca veloce”, “Due passaggi e... gol”) entreranno nella leggenda, così come i suoi metodi – variamente discussi, a volte aspramente – legati all'autosuggestione, al training autogeno e al rilassamento, alla ricerca sull'alimentazione sulla dietetica. Durante i ritiri predisponeva corsi di scacchi e lingua inglese, per quei giocatori che lo volessero. Herrera spaziava nel mondo del calcio senza confini, con un procedere spiazzante, che esaltava chi gli stava accanto e irritava i suoi detrattori. Lui sembrava incurante dell'approvazione dei più: sosteneva che non si possono fare cose nuove e pretendere il consenso di chi non le capisce.

I suoi taccuini erano stracolmi di appunti sul clima, il tipo di terreno, la qualità dell'erba, le buche, i rimbalzi e le traiettorie del pallone dei campi su cui doveva giocare; effettuava scomodi viaggi in avanscoperta per non arrivare mai impreparato. Non voleva solo atleti, ma giocatori capaci di reggere, lucidi e velocissimi, tutti tempi di una partita.

Dopo l'inter arrivò la Roma, tra il 1968 e il 1973, con la quale vinse una Coppa Italia e una Coppa Anglo-Italiana. Nel 1981, tornato al Barcellona, vinse ancora una Coppa di Spagna. Fu anche alla guida di tre nazionali: quella francese (dal 1946 al 1948, come membro della commissione tecnica), quella spagnola (dal 1959 al 1962, accanto a Pablo Hernandez Coronado) e quella italiana (dal 1966 al 1967, insieme a Ferruccio Valcareggi).

Terminata la carriera di allenatore, Herrera si dedicò al commento di eventi sportivi in trasmissioni televisive molto popolari. È morto a Venezia il 9 novembre 1997 e riposa nel settore evangelico di San Michele in Isola. L'urna che ne conserva le ceneri ha la forma di una Coppa dei Campioni.


 
Ultimo aggiornamento: 6 Ottobre, 00:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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