C'era una volta Guido Toffoletti ovvero il blues in salsa veneta

Domenica 22 Dicembre 2019 di Gigi Bignotti
C'era una volta Guido Toffoletti ovvero il blues in salsa veneta
"Bluesman" è la biografia di un grande musicista veneziano, Guido Toffoletti, scomparso nel 1999 a soli 48 anni, travolto e ucciso da un'auto mentre era in bici nelle vicinanze di Cavarzere. Morì nella piena maturità artistica, dopo una vita a dir poco avventurosa in giro per l'Europa che il giornalista Giò Alajmo (per 40 anni al Gazzettino e noto critico musicale) ha sentito l'obbligo di raccontare anche per esaudire la promessa fatta all'amico in una delle tante serate trascorse a parlare ed ascoltare musica.
Ne è uscito - a 20 anni esatti di distanza - un libro di 220 pagine: Bluesman, la favola interrotta di Guido Toffoletti (ed. Media books, 18 euro) che non è soltanto una biografia, ma un viaggio attraverso la musica fra gli Anni 50 e il nuovo millennio. L'itinerario storico-musicale di Alajmo è quanto mai completo e documentato (anche con una ricca galleria fotografica) su tutto il blues italiano con attenzione particolare, ovviamente, al Nordest.
ALLE RADICI DELLA MUSICA
«Guido era sotto il palco del Piper di Milano a metà Anni 70 ai tempi del beat - ricorda l'autore - era ospite fisso al Big Club di Mestre, roadie per i Renegades e poi per Joe Strummer (Clash) quindi in tv con Claudio Ambrosini e la sua prima opera beat. L'incontro a Londra con Alexis Korner, padre del blues inglese, lo galvanizzò al punto da creare una propria band e incidere nel 1976 il primo disco blues di un musicista italiano: Blues Society fu scuola per numerosi giovani musicisti, veneti e friulani, chiamati a suonare e a incidere con i grandi del blues mondiale che riusciva di volta in volta a coinvolgere».
Toffoletti lavorò, oltre che con Korner, anche con artisti del calibro di Paul Jones, John Mayall, Andy J. Forest. B.B. King, Ian Stewart, Keith Richard e Mick Taylor, ovvero tre dei Rolling Stones. Appassionato di rock, di Beatles e Elvis Presley, collezionista di chitarre elettriche e di memorabilia dei suoi idoli musicali, il musicista veneziano ha inciso oltre 20 album. Ma quale è stata la sua vera grandezza? L'autore lo spiega nel dettaglio: «Guido aveva imparato il blues dai musicisti originali e non dai dischi, aveva assimilato e capito i principi base sfuggiti invece agli epigoni italiani. Prima di tutto il ritmo, poi l'essenzialità: non filtrava il blues attraverso il rock e aborriva tutto ciò che fosse abbellimento inutile».
Infine una nota sul carattere: «Era un burlone, romantico e solitario, ma capace di scherzi terribili». E poi, 20 anni fa, la sua morte assurda che «lascia dubbi irrisolti come si conviene ai miti. Lo ha colto prima dei 50 anni che temeva, impedendogli di arrivare al nuovo secolo che probabilmente non gli apparteneva. Anche se qualcosa, come sempre, si sarebbe inventato».
Gigi Bignotti
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Ultimo aggiornamento: 15:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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