VENEZIA - Alla fine, è sempre quello che va controcorrente che spariglia il tavolo.
Una voce fuori dal coro, quella di Cipriani, nel mare delle proteste e delle lamentele dei ristoratori veneziani, che si sentono la categorie presa di mira più di ogni altra. Spiega Ernesto Pancin, segretario dell'Associazione veneziana pubblici esercizi: «Ancora una volta ad essere chiamata a fare sacrifici è la nostra categoria e non lo meritiamo. Se questa è davvero la strada da intraprendere, che almeno le stesse regole valgano per tutti».
Il debutto del Green pass a Venezia, insomma, è risultato indigesto a chi vive con i turisti. Qualche esercente, come Eligio Paties dei Do Forni, ha lamentato il 40 per cento di disdette di prenotazioni ieri sera. «Non si capisce - spiega - perché il certificato verde lo si debba esibire al ristorante e non sui vaporetti o sui bus, dove l'assembramento è maggiore e il rischio di contagio pure. Noi, nei nostri ristoranti, abbiamo sempre rispettato i protocolli di sicurezza».
Meno calda, invece, la situazione sul fronte dei musei. Nell'area marciana non si sono riscontrate criticità, nemmeno nella lettura dei certificati sanitari di visitatori provenienti dall'estero. E pochissimi sono i turisti che hanno dovuto rinunciare: nel pomeriggio si sono contati 5500 ingressi complessivi nel compendio dei musei civici, che vanno dal Correr, da Ca' Pesaro a Ca' Rezzonico. Solo a Palazzo Ducale i visitatori sono stati 3500 in una giornata. Per il 70 per cento si tratta di stranieri muniti di Green pass o documenti equivalenti. Solo una decina i casi di persone che non sono potute entrare per vaccini non riconosciuti dall'Unione Europea o per documenti non in regola. Test superato a pieni voti anche dalla Basilica di San Marco, dove possono entrare contemporaneamente solo 230 persone.