Il matematico Benedetti, lo studioso precursore di Galileo

Lunedì 17 Maggio 2021 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli

La sua ultima opera, il “Diversarum speculationum mathematicarum et physicarum liber”, è considerata una delle più importanti opere scientifiche pre-galileiane, e in generale il suo pensiero aprì la strada al superamento della fisica aristotelica.

Per questo Giovanni Battista Benedetti è considerato uno dei più significativi predecessori di Galileo Galilei. Nel suo primo lavoro del 1553, infatti, la “Resolutio omnium Euclidis problematum”, sostenne la tesi secondo cui l'accelerazione dei corpi in caduta libera nel vuoto è costante, e non proporzionale al peso come sosteneva la dottrina tradizionale di derivazione aristotelica. Una scoperta che è solitamente (e dunque erroneamente) attribuita a Galileo; già allora la dimostrazione di Benedetti provocò accese discussioni già tra gli studiosi e gli attirò una pioggia di critiche, dalle quali si difese coraggiosamente punto per punto.

D'altronde, pur non essendosi mai laureato, Benedetti aveva avuto una formazione di prim'ordine, sostenuta da una intelligenza fuori dal comune e da una tensione costantemente polemica, nelle sue opere, che lo portarono da un certo momento della sua vita a risiedere in diverse corti d'Italia come matematico e insegnante. Lui si era formato sotto la guida di Niccolò Tartaglia, ma il vero mentore era stato suo padre, che lo educò alla musica, alla filosofia e alla matematica e del quale non si conosce l'identità, ma che fu descritto in un trattato come “hispano, philosopho et physico”. Di Giovanni Battista – pur non conoscendo nemmeno il nome della madre – sappiamo invece che vide la luce il 14 agosto 1530, probabilmente a Cannaregio, e che lui stesso talvolta si definì nei suoi scritti “patrizio veneto”.

Al momento della pubblicazione del “Resolutio” aveva dunque 23 anni e si attestava (lo possiamo affermare a posteriori) come precorritore di Galileo sul fronte della dinamica, ma allo stesso modo si può considerare anche un precursore della geometria analitica. Nel 1554 Benedetti pubblicò, sempre a Venezia, la “Demonstratio proportionum”, con la quale accentuò i toni polemici verso Aristotele e verso i suoi commentatori, assieme a una fiera rivendicazione della propria autonomia da ogni magistero. Forse anche per questo – oltre a un metodo di ricerca e speculazione che per quanto efficace fu poco ortodosso – il mondo accademico tese a “dimenticarsi” di lui nei decenni successivi alla morte, fino a buona parte del Settecento. Solo più tardi, grazie proprio ai suoi scritti, fu possibile ricollocarne la figura nella giusta prospettiva storica. Quando fu creato il liceo scientifico di Venezia, nel 1923, si decise di attribuirgli il suo nome.

Verso il 1558 Giovanni Battista Benedetti si trasferì a Parma, alla corte del duca Ottavio Farnese, dove ottenne l'ufficio di lettore di filosofia e matematica per otto anni (con probabili permanenze anche a Pavia e Roma); a questo periodo risalirebbero alcuni studi sulla consonanza e la dissonanza delle note, dovute secondo Benedetti ai rapporti tra le frequenze di oscillazione delle onde d'aria generate da strumenti a corda o dalla voce. Nel gennaio del 1567 il duca lo lasciò partire “con bona licenza et gratia”. Da Parma Benedetti si trasferì a Torino, dove insegnò all'università e scrisse alcune delle sue opere più importanti: il “De gnomonum umbrarumque solarium usu”, del 1574, e il “Diversarum speculationum liber”, del 1585, entrambe dedicate al duca di Savoia di cui fu matematico di corte. Effettuò anche studi sulla prospettiva.

Ebbe rapporti cordiali con Emanuele Filiberto, che lo volle presso di sé anche come consigliere; alla morte del duca, nell'agosto del 1580, il successore Carlo Emanuele I lo confermò nella carica. Giovanni Battista Benedetti morì a Torino il 20 gennaio 1590, e fu sepolto nella chiesa di Sant'Agostino. Nel “Diversarum speculationum”, uscito cinque anni prima, aveva tratto dal suo oroscopo la data della sua morte: “circa annum millesimum quingentesimum nonagesimum secundum”, ovvero il 1592. Una previsione erronea che suscitò discussioni alla corte sabauda. Benedetti era riuscito a suscitare polemiche anche da morto. Fosse stato ancora vivo, se ne sarebbe rallegrato.

Ultimo aggiornamento: 15:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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