Giorgione tanti misteri sulle origini, ma una certezza: talento eccezionale

Lunedì 18 Ottobre 2021 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli

Giorgio da Castelfranco, Giorgio Zorzi, Zorzo. Finché visse, per quanto poco, fu chiamato in molti modi. Uno solo è però passato alla storia, dovuto a seconda delle fonti alla sua altezza fisica o alla sua grandezza artistica; chissà, forse a tutte e due: Giorgione. Che fosse di Castelfranco Veneto, nato tra il 1477 e il 1478, è assodato. Quali siano le sue origini – e tutto sommato l'intera sua storia – è questione in buona parte ancora avvolta nel mistero. Non firmò infatti nessuna opera e la ricostruzione del suo operato, assieme al significato di molti suoi dipinti (non ultimo “La Tempesta”, conservato alle Gallerie dell'Accademia) è da decenni oggetto di numerosi dibattiti e controversie tra gli studiosi.

Ciò che si conosce della sua vita è noto grazie a iscrizioni ritrovate sui dipinti o ai pochi documenti contemporanei. L'archivio storico del Comune di Castelfranco conserva un documento del 1500 nel quale un certo Zorzi, figlio del notaio Giovanni Barbarella e di una certa Altadonna, chiese di essere esentato dal pagamento delle tasse in quanto non più residente nel paese. Secondo fonti diverse Giorgione sarebbe invece figlio del maestro Segurano Cigna, oscuro pittore quattrocentesco attivo soprattutto nel cuneese.

Comunque sia, Giorgio Barbarella, o più semplicemente Giorgio da Castelfranco, arrivò a Venezia molto giovane e con un bel carico di talento: in meno di dieci anni divenne infatti uno dei più importanti esponenti della scuola pittorica veneta, capace di estasiare i suoi contemporanei e di entrare nella storia prima di scomparire – molto prematuramente – a causa della peste. Secondo Giorgio Vasari, che ne scrisse nelle sue biografie dei maggiori artisti, fu allievo di Giovanni Bellini e la sua pittura risentì dell'influsso di altri grandi artisti come Antonello da Messina, Albrecht Dürer e Leonardo da Vinci, che in quel periodo soggiornarono a Venezia.

Assieme ai dipinti (la Sala dell'Udienza di Palazzo Ducale ne conservata uno di molto grande, realizzato tra il 1507 e il 1508, oggi perduto, mentre è per esempio ammirabile la pala d'altare realizzata per il suo paese d'origine, Castelfranco) dedicò molte energie alla creazione di affreschi, decorando facciate e interni di palazzi, a cominciare dalla sua stessa residenza in campo San Silvestro.

I cronisti tra Cinque e Seicento elencarono un numero davvero cospicuo di affreschi eseguiti da lui: oggi di tanta magnificenza rimane un solo frammento, la “Nuda”, una figura femminile strappata dalla facciata del Fontego dei Tedeschi nel 1938 che rimane l'unica testimonianza di questa attività frenetica. Nella realizzazione degli affreschi della facciata, nel 1508 (dopo la ricostruzione del Fondaco, distrutto qualche anno prima da un incendio furioso), Giorgione – che non ebbe mai una sua vera bottega – fu aiutato da un giovane apprendista, anch'egli venuto dall'entroterra: Tiziano Vecellio.

Il suo influsso nel passare dalla staticità della pittura quattrocentesca alla modernità rinascimentale è oramai riconosciuto: “Il segno di contorno scompare, tutto diventa più morbido e permeato di luce – scrisse lo storico dell'arte Pietro Zampetti nel descrivere l'opera Giorgionesca –; una luce che sembra scaturire dalle cose stesse, mutevole, instabile, trepidante come il sentimento umano”.

Oggi le opere di Giorgio da Castelfranco sono ammirabili a Venezia, agli Uffizi, all'Ermitage, ai Musei Civici di Padova, al Kunthistorisches Museum di Vienna, alla National Gallery di Washington (così come alla Phillips Collection, nella stessa città), alla Gemaldegalerie di Dresda e al Museo di San Diego in California. Giorgione meditò a lungo i temi dei suoi quadri e li riempì di significati biblici, storici, letterari, forse anche grazie alle frequentazioni con la corte di Asolo di Caterina Corner, in primis con Pietro Bembo. Le due importanti commissioni pubbliche del Fondaco e del Ducale furono forse preludio di una possibile nomina a pittore ufficiale della Serenissima, in successione a Bellini, cosa che non poté verificarsi: il 17 settembre 1510, colpito dalla peste, Giorgio da Castelfranco muore – probabilmente sull'isola del Lazzaretto Nuovo – a 32 anni. Il suo genio e il suo sapere finiscono sepolti in una fossa comune.

Ultimo aggiornamento: 18:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci