«Quei saluti ai funerali che creano imbarazzo», il monito del sacerdote

Venerdì 24 Marzo 2023 di Fulvio Fenzo
SACERDOTE Don Gianni Antoniazzi, parroco nella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio

MESTRE - C’è perfino chi si alza a sorpresa al termine della liturgia funebre e, senza aver nemmeno parlato prima con i parenti del defunto, prende il microfono per dare il suo saluto. Un gesto anche comprensibile solo che, e a volte è successo, quelle parole hanno fatto più male che bene ai familiari, aggiungendo lacrime su lacrime. E così, ad un anno dalle disposizioni arrivate direttamente dal Patriarcato un anno fa con una “nota pastorale” che aveva caldeggiato uno stop agli interventi di parenti e amici dal pulpito, consentendoli solo al di fuori del luogo di culto, la stretta sta per arrivare perché la misura sarebbe stata decisamente oltrepassata.
Ne sa qualcosa don Gianni Antoniazzi, parroco della chiesa dei santi Gervasio e Protasio, che si è esposto personalmente sull’argomento nell’ultimo numero di “Lettera aperta”, il settimanale della parrocchia di Carpenedo, invocando un maggiore “equilibrio alle esequie”. 


«Si sa che le disposizioni diocesane circa la celebrazione dei funerali prevedono di ridurre molto gli interventi durante la liturgia - scrive don Gianni -.

Fin qui abbiamo fatto il possibile per venire incontro alle necessità dei familiari e, alla fine delle esequie, abbiamo permesso che qualcuno leggesse una parola di saluto». La messa per le esequie, aveva indicato il patriarca Moraglia nel febbraio dell’anno scorso, dovrà essere più vicina al senso cristiano della morte, con al centro la Parola di Dio e il credo nella resurrezione, più che un omaggio personalizzato del defunto. Ma quei “saluti laici” sono diventati ormai una concessione comprensibile, vista l’abitudine ormai radicata di dire qualche parola per ringraziare i presenti o per ricordare alcuni aspetti della persona scomparsa.

Ma non sempre è andata bene. «Anche di recente abbiamo toccato con mano che ci sono occasioni nelle quali manca del tutto l’equilibrio - riprende don Gianni Antoniazzi -. Chi sale talvolta non ha la piena avvertenza del linguaggio che impiega e rischia di mettere in grave imbarazzo tutti i presenti. Forse qualcuno crede di essere spiritoso, ma il risultato finale lascia talvolta l’amarezza più profonda». 
Don Gianni, vista la delicatezza della questione, non cita episodi precisi, ma è chiaro che li ha vissuti in prima persona, come li hanno subìti parenti e familiari dei defunti in particolari occasioni in cui, chi ha preso il microfono, non si era nemmeno confrontato preventivamente con le persone più vicine agli scomparsi, e ancora meno col prete. «Non per questo bisogna togliere a tutti la possibilità di rendere grazie al Signore per la vita di un proprio familiare - conclude il sacerdote di Carpenedo -, sarebbe però importante trovare in fretta una maggiore sapienza per evitare situazioni davvero imbarazzanti». Antoniazzi aveva già introdotto da tempo il limite di tre interventi, per evitare il rischio che ci fosse chi volesse mettersi in mostra, tra l’altro allungando i tempi della celebrazione del funerale. Evidentemente non è bastato e, ora, si cercherà di correre ai ripari con un ulteriore giro di vite sui “saluti finali”. A partire da quelli non condivisi.
 

Ultimo aggiornamento: 16:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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