La fuga dei negozi da San Marco, così le botteghe del lusso abbassano le serrande

Mercoledì 30 Settembre 2020 di Nicola Munaro
Negozi chiusi in piazza San Marco
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VENEZIA - «Venezia che muore», cantava Francesco Guccini. Venezia che boccheggia, si spoglia e vede fuggire dal salotto buono del mondo, Piazza San Marco, i grandi marchi che l'hanno resa ancor più celebre. Quelli per i quali, nemmeno tanti anni fa, i turisti alto-spendenti di tutto il mondo facevano follie. Ora, dei negozi, resta solamente il nome sulle insegne, destinato anche lui a sparire. Così quella piazza brulicante consegnata alla storia e all'arte dai quadri del Canaletto, che a inizio estate 2020 erano serviti come grimaldello per ottenere il via libera agli ormai famosi ombrelloni nei caffè storici, a inizio autunno 2020 si svuota. 
Troppo forte e rapido il calo di affari dovuto prima all'Aqua Granda del 12 novembre e poi al coronavirus. Troppo grande la paura per una stagione di maree che ha già iniziato a bussare alla porta. E con il Mose che si alzerà solo a 130 centimetri e l'area Marciana destinata a venire sommersa già quando la marea toccherà 80 centimetri, sembra che altra strada alla fuga non ci sia. In una Venezia i cui negozi sono finiti nel mirino di dubbi acquirenti che sfruttano le difficoltà per riciclare denaro sporco, come denunciato dal presidente dei commercianti, Roberto Magliocco.
VIA TUTTI
La vetrina di Venini, in piazzetta dei Leoncini, è vuota. Restano solo i tavoli sui quali una volta - l'anno scorso - davano sfoggio di se stessi dei vasi in vetro di Murano che erano opere d'arte. Il valore simbolico, a pensarci, è altissimo: il vetro di Murano, un'eccellenza mondiale, lascia la sua vetrina naturale, Piazza San Marco. 
Sempre ieri ha iniziato la sua chiusura la pelletteria Pagan, 101 anni di storia veneziana. Non si contano, poi, le serrande abbassate: dai caffè chiusi momentaneamente ai locali di ogni tipo. La crisi ha morso chiunque alle caviglie, presentando adesso il suo conto. 
Alcuni avevano abbandonato la Piazza già anni fa per le ragioni più diverse, anche se l'effetto-vuoto sotto i portici delle Procuratie è lo stesso. Olga Asta è chiuso da tempo ma dovrebbe diventare una delle nuove entrate del complesso delle Generali, Missiaglia è stato chiuso da anni. Poi lo spazio vuoto di Venezia Murano, dove c'era l'esposizione di Pauly; e ancora Longchamp chiuso da poco per via di un affitto stellare e il bar Eden che ha tenuto chiuso da inizio pandemia e ora presenta solo un cartello. 
«Qui muore tutto - è sbottato ieri Claudio Vernier, presidente dell'Associazione Piazza San Marco e titolare del caffè Al Todaro - C'è la necessità di un intervento del Governo per i centri storici delle città d'arte. A Venezia, come a Firenze dove settimana scorsa ha chiuso un caffè storico: così è impossibile andare avanti».
GIOIELLERIE A PICCO IN CENTRO
«Le gioiellerie di Venezia - spiega il presidente di Federpreziosi Venezia e Rovigo, Alberto Ravagnan - sono state fortemente penalizzate dalla crisi del turismo e in particolare del turismo di lusso, anche perché pagano affitti importanti. Sono numerose le attività in crisi o in procinto di chiudere. Diversa la situazione in provincia e per certi versi incoraggiante: abbiamo vissuto un'estate in crescita grazie anche alla ripresa di battesimi, cresime e comunioni».
Ad aprire alcune prospettive è adesso il commercio digitale, novità assoluta per il settore: «Non si tratta di vendere on line a clientela nuova altrove nel mondo - chiarisce Ravagnan - ma piuttosto di un nuovo modo di vendere alla stessa clientela. Ci sono persone ancora molto intimorite dall'ingresso nei negozi e poter visionare la merce on-line è un modo per ridurre il tempo di esposizione e acquistare in maggiore sicurezza». 
«Venezia che muore», cantava Francesco Guccini. 
Era il 1981. Sembra il 2020.
Nicola Munaro
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Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 17:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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