Franco Dal Cin: «Io, Zico e l'Udinese, ma la vera svolta fu l'Unione a Chioggia»

Il manager con Teofilo Sanson investì nella fusione tra Clodia e Sottomarina

Sabato 14 Maggio 2022 di Marco Bampa
Franco Dal Cin (a destra) con Zico ai tempi dell'Udinese.

«Prego, dica pure. Quando si parla di Chioggia e Sottomarina, lo faccio sempre volentieri». Franco Dal Cin, classe 1943, manager visionario del pallone di casa nostra, apre volentieri lo scrigno dei ricordi. Perchè l'uomo che primo inventò le sponsorizzazioni nel calcio (con la scritta Sanson sui pantaloncini dell'Udinese), portò in Italia un certo signor Zico, costruì il primo stadio privato di un club di serie A (Reggiana), inventò la serie B di sabato per valorizzare il campionato cadetto e renderlo appetibile alle tv, e non ultimo scoperchiò il pentolone di Calciopoli con le sue dichiarazioni all'Ufficio inchieste dopo un turbolento Messina-Venezia, partì da Chioggia per il suo lungo e avventuroso viaggio nel futuro del calcio.
«Se tornano in Serie C sarebbe un grande piacere anche per me - dice al telefono dalla sua casa di Udine, dove non smette di sfornare idee e progetti legati al calcio - Chioggia è stata la mia prima tappa da manager nel '69, il presidente era Micaglio e l'allenatore Livio Fongaro, che era stato il mio sponsor.

Lì è iniziata la mia carriera».


Sponda Sottomarina. Con Teofilo Sanson trovò subito una grande intesa, giusto?
«Sanson lo conobbi proprio al Sottomarina, perchè arrivò in società l'anno dopo di me. Non ci conoscevamo, anche se eravamo entrambi trevigiani, nati a 5 chilometri di distanza, lui a Scomigo e io a Vittorio Veneto».


Come nacque l'idea di fondere Clodia e Sottomarina, nonostante una forte divisione campanilistica?
«E' uno dei miei primi capolavori, riuscire a unire due entità divise da un ponte è stato un miracolo di psicologia, di buoni rapporti e anche coincidenze. I dirigenti del Clodia, il presidente Bruno Sartore assieme a Piero De Maria, erano un po' in crisi sotto il profilo economico, mentre noi con Sanson eravamo più in salute. Così alla fine firmammo per una triade: 60% a Sanson, 20% a Piero De Maria per il Clodia e il 20% a Siviero Bramante in rappresentanza del Sottomarina».


Come reagì la tifoseria all'epoca?
«Dal punto di vista sociale quella fusione fu un miracolo. Ma la reazione fu fredda, da entrambe le parti, perchè era subìta e non voluta. Venne accolta con una sorta di pessimismo, non c'era amore, né legame. Era un'operazione a freddo, studiata a tavolino, e quindi non ci fu inizialmente entusiasmo. Ma una città di 40-50mila abitanti non poteva permettersi due squadre a quel livello e poi c'era crisi economica. Li abbiamo convinti con i risultati: quella squadra fece bellissimi campionati, vincemmo la serie D e nei tre anni successivi avevamo una formazione competitiva. Credo che qualche soddisfazione l'abbiamo regalata».


Anche per i tanti giocatori usciti da Chioggia e poi affermatisi anche in Serie A...
«Certo. Mi vengono in mente Gibellini, Onofri, Casagrande, Cerilli, che era proprio chioggiotto, veniva dal settore giovanile. Tra i tanti quello che ricordo più volentieri è Francesco Casagrande, perchè era della zona di Mareno di Piave, mio conterraneo, ed è quello che ha fatto più carriera di tutti».


Nel '76 lei e Sanson lasciaste Chioggia per sbarcare a Udine: quale fu la motivazione di quell'addio?
«Avevamo da sempre l'ambizione di fare le cose in grande, ci capitò l'occasione di farlo con l'Udinese, che aveva a disposizione lo stadio nuovo, era una società di grande tradizione e c'era l'opportunità di fare le cose in un certo modo. Inoltre, tramite la proprietà del Conegliano avevamo la base di giocatori su cui puntare come gruppo tecnico. Così andammo lì e centrammo il nostro obiettivo: in tre anni l'abbiamo portata in serie A e quando venni via lasciai in eredità Zico, per dire...».


Per andare all'Inter, dove però per lei non andò altrettanto bene...
«Lì trovai un ragioniere che era il presidente Pellegrini, che mal si conciliava con le mie fantasie: io ero irruento e volevo fare le cose a modo mio, ma con lui non era possibile. Un giorno gli dissi: vuole che portiamo Zico all'Inter? Lui rispose: abbiamo già Brady. Capii che avevo sbagliato società».

 

Ultimo aggiornamento: 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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