Il poliedrico Griselini: rinunciò alla tonaca per fare il botanico, il commediografo e il divulgatore

Lunedì 27 Agosto 2018 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
Scrisse trattati sulla torba, le porcellane, la coltivazione delle patate, i parassiti degli alberi, la coltura dei gelsi e delle querce; i suoi dialoghi agrari, agili e chiari, ebbero un grande successo in tutta Italia, dando un contributo importante alla diffusione delle tecniche di coltivazione più avanzate nelle campagne. Ma fu anche incisore, biografo del servita Paolo sarpi, commediografo e fondatore di diverse riviste letterarie ed enciclopediche, tipiche dell'epoca in cui visse, il Settecento: come “Il Corrier letterario”, il “Giornale della generale letteratura d'Europa” (che diresse) o il “Magazzino italiano”. Fu sicuramente massone e illuminista. Ma Francesco Griselini è oggi ricordato soprattutto per la sua attività di naturalista e botanico.

Figlio di Marco Greselin (fu lui stesso a italianizzare il cognome di famiglia), tessitore e tintore di seta, e della milanese Elisabetta Sperafigo, nacque a Venezia il 12 agosto 1717 e dopo aver abbandonato molto presto (sebbene fosse arrivato alla soglia degli ordini maggiori) una possibile carriera ecclesiastica, si dedicò alla sua formazione da autodidatta, acquisendo una buona cultura in lettere, fisica naturale e belle arti. Furono queste ultime a dargli la possibilità di sostentarsi, per diversi anni, anche dopo il matrimonio con l'istriana Libera Lucia Plammuller, avvenuto nel 1743: divenuto illustratore di libri, mappe e carte geografiche, fu l'incisore di fiducia dei librai-editori veneziani Pietro e Giovanni Maria Bassaglia.
Una prima svolta avvenne nel 1760, quando grazie al senatore Marco Foscarini – destinato entro breve a diventare doge – ricevette l'incarico di restaurare le grandi mappe della sala dello Scudo a Palazzo Ducale. Qualche anno prima aveva tentato la via del teatro, con una serie di commedie che avevano più fatto discutere che riscosso un reale successo: “Il marito dissoluto”, “I liberi muratori” (del 1754, una apologia nemmeno troppo velata degli ideali massonici), “Reginella o la virtuosa”, “Socrate filosofo sapientissimo” e “La schiava del serraglio dell'Agà dè giannizzeri in Costantinopoli”, (le ultime due ispirate ad altrettante opere goldoniane: il “Terenzio” e “La sposa persiana”).
Nel 1760, dopo un attento studio della vita e delle opere di Paolo Sarpi, Griselini diede alle stampe “Le Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studi del sommo filosofo e giureconsulto f. Paolo servita”, risposta polemica ai tanti detrattori del frate che aveva sostenuto la Repubblica nel corso dell'interdetto del 1606; si trattò di una appassionata biografia intellettuale e politica di Sarpi, intrisa di idee illuministiche ma fondata su un'accurata ricerca documentaria tra le carte della biblioteca dei serviti di Santa Fosca (poi perdute in un incendio), che gli attirò virulenti attacchi di parte cattolica – con l'opera che finì all'indice – ma lo proiettò pienamente nella vita culturale della “Venezia dei lumi”.
Fu in questo periodo che iniziò a interessarsi sempre di più all'agronomia e all'industria, dando avvio a una serie di pubblicazioni e all'opera enciclopedica “Dizionario delle arti e de' mestieri”. Per quasi dieci anni dalle colonne del “Giornale d'Italia” coordinò un vasto movimento di "lumi" nelle campagne venete, proponendo innovazioni e riforme in materia di colture, affitti, macchine, concimi, allevamento, commercializzazione dei prodotti. Trascorsero così tutti gli anni Sessanta e parte degli anni Settanta finché Griselini, deluso dall'inamovibilità del governo della Serenissima rispetto alle riforme necessarie in ambito sociale ed economico, lasciò Venezia e dopo un lungo viaggio approdò nella Milano austriaca dove nel 1776 ottenne il prestigioso incarico di segretario della Società Patriottica.
Fu un fallimento: travolto da polemiche e contrasti personali e accusato di inettitudine e addirittura di falsificazione della contabilità, dovette dimettersi meno di due anni dopo, ottenendo comunque dal governo austriaco una pensione di duemila fiorini. Non se ne rallegrò a lungo: colpito da una malattia mentale finì nell'ospedale dei Fatebenefratelli di Milano, dove morì il 5 settembre 1787.
Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 08:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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