«Sistema Fincantieri, lavoro sottopagato», via al processo contro dirigenti e funzionari

Giovedì 12 Gennaio 2023 di Gianluca Amadori
MARGHERA Una delle grandi navi realizzate da Fincantieri utilizzando operai stranieri

MESTRE - Sono una quarantina gli operai, in gran parte originari del Bangladesh, che hanno chiesto di costituirsi parte civile al processo sul presunto sfruttamento dei lavoratori avvenuto a Fincantieri, che vede sotto accusa la stessa società pubblica, specializzata nella costruzione di grandi navi, assieme ad alcuni suoi dirigenti e funzionari (imputati anche di corruzione tra privati) e i titolari di numerose aziende a cui Fincantieri subappaltava alcune lavorazioni nelle navi. L’udienza preliminare si è aperta ieri mattina, nell’aula bunker di Mestre, di fronte alla giudice Maria Rosa Barbieri. Oltre ai lavoratori, hanno chiesto di costituirsi parte civile anche i sindacati Cgil, Cisl e Cobas, nonché la stessa Fincantieri; quest’ultima limitatamente alla posizione di soli due dipendenti nel frattempo licenziati (Luca De Rossi e Matteo Romeo) dei 15 finiti sotto inchiesta. La gup ha rinviato l’udienza al prossimo 15 febbraio per discutere la richiesta di ammissione delle parti civili. Con molte probabilità gli imputati chiederanno che Fincantieri venga chiamata in causa, oltre che come accusata (ai sensi della legge 231 del 2001, che prevede una responsabilità penale delle società per il comportamenti illeciti dei suoi dipendenti) anche come responsabile civile, ovvero di soggetto che dovrà pagare l’eventuale risarcimento dei danni subiti dalle parti civili. Il sostituto procuratore Giorgio Gava ha chiesto il rinvio a giudizio di 32 persone e di una dozzina di società che avrebbero sfruttato i propri dipendenti restribuendoli con il sistema della cosiddetta paga globale, con 6-7 euro all’ora. I rispettivi titolari si sono difesi sostenendo di essere stati costretti da Fincantieri a sottopagare i lavoratori in quanto a loro volta retribuiti molto meno del dovuto.

Ancuni dirigenti e funzionari di Fincantieri sono accusati anche di aver chiesto e ottenuto denaro e regali dagli imprenditori.


L’INCHIESTA
Gli atti raccolti dalla Procura di Venezia per provare l’esistenza del “sistema Fincantieri” riempiono ben 24 faldoni: ci sono pacchi di documenti, ma anche le testimonianze rese da operai sottopagati, imprenditori in subappalto costretti a lavorare sottocosto pur di mantenere la commessa, nonché la confessione del consulente del lavoro Angelo Di Corrado (già professionista del boss dei casalesi di Eraclea, Luciano Donadio) che ha ammesso di aver gestito le false fatturazioni emesse per anni dalle piccole aziende subappaltatrici per accumulare le provviste di contante necessarie per poter tirare avanti e versare mazzette e costosi regali ai dirigenti dei cantieri navali, in cambio di qualche agevolazione.


SOLDI E REGALIE
Ne emerge un quadro poco edificante su cosa accadeva in una delle più grandi aziende pubbliche italiane (Fincantieri è controllata da Cassa depositi e prestiti), ossessionata dall’obiettivo contenere i costi per contrastare la concorrenza (in particolare quella cinese) e gestita da alcuni manager particolarmente “sensibili” a soldi e regalie. Ali Md Suhag, titolare della Venice Group e di altre società, ha raccontato di essere stato costretto a versare denaro contante e a consegnare orologi e telefoni, fin dal 2013, all’architetto che vigilava sui lavori di realizzazione delle navi commissionate dal gruppo Carnival. «Se non avessi corrisposto regali, avrebbe cercato e trovato i difetti delle lavorazioni eseguite dalle mie società...», ha spiegato al pm Giorgio Gava.
Il periodo più frenetico era quello di Natale: cellulari, computer, tablet, gioielli, penne Montblanc, bottiglie di champagne. Doni del valore anche di mille, duemila euro per dirigenti e funzionari. Ma non solo. Il responsabile di un settore aveva altre pretese: «Alì, portami i SAL... (Stato di avanzamento lavori, ndr) Io dovevo capire di portargli soldi», ha spiegato l’imprenditore del Bangladeh. Delle pretese di dirigenti e funzionari di Fincantieri ha parlato anche l’imprenditore Christian Sgnaolin, uomo di fiducia del boss Donadio, la cui azienda, Imperial Agency, si occupò dei corsi di formazione dei lavoratori Fincantieri in materia di sicurezza e si prestò anche ad emettere una serie di false fatture per alcune ditte subappaltatrici dei cantieri navali.


SOTTOPREZZO
Sgnaolin ha riferito agli inquirenti di aver proposto, nel 2015, di realizzare il libretto di lavoro informatico per gli operai di Fincantieri: per “spingere” il progetto gli furono chiesti alcuni orologi e Sgnaolin ha precisato di aver acquistato e consegnato, per Natale, ben tre Rolex Submarine, pagandoli 5mila euro ciascuno in contanti. Per la Imperial Agency quel progetto poteva fruttare 15mila euro al mese: «Per questo motivo, per dare il via libera, mi recai a Trieste dove dalla dirigenza Fincantieri mi furono chiesti altri 100mila euro... ho preferito rimetterci e rifiutare». Sgnaolin ha confermato il racconto dei vari subappaltatori: «Fincantieri paga, ha sempre pagato tutti sottoprezzo - ha spiegato al pm Gava - Quindi le aziende cercavano degli stratagemmi o per crearsi Iva, o per sottopagare i dipendenti... le aziende che lavoravano per Fincantieri massimo sopravvivono due – tre anni se non trovano degli escamotage». Altri particolari sul “sistema Fincantieri” li ha raccontati Di Corrado, spiegando che, per evitare di dover procedere attraverso formali gare d’appalto, la società aveva adottato una semplice procedura: «Spacchettare le attività in singoli lotti: in questo modo potevano assegnare gli appalti a loro piacimento. Un’idea geniale, venuta ad un ingegnere vedendo il nipote che giocava con i Lego...»
Di Corrado ha poi rivelato che Fincantieri cercava di convincere le ditte subappaltatrici a trasferire la sede in Romania, così da non avere gli obblighi fiscali e contributivi italiani e poter essere più competitive. Circostanza confermata da Ali Md Suhag, il quale ha dichiarato che ai dirigenti Fincantieri non interessava nulla dei lavoratori, tanto da dirgli in più occasioni: «A me non me ne frega niente se paghi pure un euro a tuoi dipendenti». Al processo la difesa di Fincantieri è intenzionata a provare l’insussistenza delle accuse. Il reato di corruzione tra privati si prescrive in sette anni e mezzo, e dunque per molti episodi non è certo che si possa arrivare alla sentenza di primo grado. Il reato di sfruttamento dei lavoratori ha invece una prescrizione molto lunga.

Ultimo aggiornamento: 16:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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