Fincantieri. Caporalato nei subappalti, maxi multa alle società: 103.200 euro ciascuna

Giovedì 30 Marzo 2023 di Nicola Munaro
Fincantieri. Caporalato nei subappalti, maxi multa alle società: 103.200 euro ciascuna

MESTRE - Facevano parte della galassia di cooperative e microaziende in subappalto a Fincantieri.

E come le altre, coinvolte in questi cinque anni di inchieste della procura di Venezia e della guardia di finanza sul caporalato tra le banchine del colosso della cantieristica navale, avevano costituzionalizzato il sistema della paga globale e dello sfruttamento dei lavoratori, quasi tutti bengalesi costretti a subire ricatti per non vedersi chiusa la strada del rinnovo del permesso di soggiorno attraverso un regolare contratto di lavoro. Per questo ieri la Gazi Srl e la Cnb Srl sono state condannate dal giudice del tribunale di Venezia, Stefano Manduzio, al pagamento di una multa da 103.200 euro ciascuna, al divieto per un anno di partecipare a gare d'appalto della pubblica amministrazione e alla confisca di quanto guadagnato sottopagando i lavoratori: 129.521 euro alla Gazi Srl e 71.544 euro alla Cnb Srl. Le due società sono riconducibili a Mohammed Shafique, imprenditore bengalese che ha già patteggiato per le stesse accuse.

ATTO D'ACCUSA

Nella sua requisitoria il pubblico ministero Giorgio Gava, descrivendo il sistema della paga globale - forfait orario, basato solo sulle ore lavorate, a fronte di buste paga fittizie - ha parlato di «sistema occulto finalizzato al disconoscimento di diritti costituzionali» come quelli dei lavoratori dipendenti. «Applicando la paga globale, che non è un patto di conglobamento dove ci sono forfettizzazioni di alcune voci ma partendo da una base di salario minimo secondo il contratto nazionale di lavoro - ha continuato il pm - i lavoratori sono retribuiti con termini difformi dalla busta paga che gli veniva consegnata a fine mese. Per raggiungere quanto scritto in busta paga, i dipendenti dovevano lavorare molto di più». Oltretutto secondo quanto sostenuto dalla procura i bengalesi che lavoravano per Gazi e Cnb non potevano godere di tutto lo stipendio. «La busta paga - ha attaccato ancora il pubblico ministero - serviva per dare a tutto questo una parvenza di legalità. I lavoratori ridavano parte dei soldi ricevuti con il bonifico per far quadrare i conti con quanto pattuito dalla paga globale, cioè dai 5 a i 6,5 euro all'ora: una paga del tutto arbitraria con una quota parte del lavoro che veniva retribuita in nero».

«ULTIMI DEGLI ULTIMI»

Le due società, ha sostenuto ancora il rappresentante dell'accusa, facevano leva sulle condizioni stesse dei lavoratori «approfittando del loro stato di bisogno». I racconti raccolti durante le indagini hanno fatto emergere «spaccati di vita e una situazione di assillo e di esigenza di lavorare. Tanti di loro - ha ricordato il pm - sono entrati in Italia dopo viaggi della speranza e sono venuti per lavorare e mantenere le proprie famiglie. Erano obbligati ad accettare le condizioni imposte dalla ditta perché dal loro contratto di lavoro dipendeva il rinnovo del permesso di soggiorno. Queste persone erano gli ultimi degli ultimi e con il denaro da loro restituito in nero si pagavano di più i capocantieri migliori: i documenti fiscali trovati a casa di Shafique hanno dimostrato ogni passaggio». Questo, ha concluso il pm Gava chiudendo il cerchio logico della sua requisitoria, era il vantaggio delle aziende e di Shafique. Tesi ribattuta dalla difesa delle due imprese, affidata all'avvocato Filippo Molin che ha sostenuto come non ci fosse nessun vantaggio per Gazi e Cnb nell'aver messo in piedi questo sistema di pagamento finito al centro delle accuse e delle inchieste condotte giudiziarie. In tutto, in cinque anni di lente d'ingrandimento puntata sullo stabilimento di Marghera, sono stati trovati poco meno di 2 mila lavoratori sottopagati. «Ultimi degli ultimi» per le cui condizioni ora iniziano a rispondere anche le aziende.

Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 10:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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