Ferroviere stalker licenziato da Trenitalia: perseguitava la collega. E la Cassazione conferma

Martedì 28 Gennaio 2020
La stazione ferroviaria di Venezia. Confermato il licenziamento del ferroviere stalker
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VENEZIA - È stato confermato dalla Cassazione «per la gravità del comportamento extralavorativo indubbiamente lesivo del vincolo fiduciario tra le parti», il licenziamento di un ferroviere di Trenitalia in servizio a Venezia che, dopo la fine della relazione con una collega, la minacciava «con insistente ed assillante invio di sms e mms di far vedere al marito foto o filmini compromettenti», si appostava per sorprenderla e la pedinava. Inoltre - spiega la Suprema Corte nel verdetto n.1890 - l'uomo diffamava la collega «mediante l'affissione, nei bagni di luoghi pubblici e nelle stazioni, del suo numero di telefono con invito a contattarla per prestazioni sessuali», procurandole «preoccupazione per l'incolumità propria e del marito e malessere psico-fisico tali da indurla a modificare le proprie abitudini di vita e da interferire sull'organizzazione dell'attività lavorativa, con riflesso sull'intollerabilità della prosecuzione del rapporto di lavoro».

Alla fine del processo penale di primo grado nel 2013, nell'ambito del quale il ferroviere stalker Antonio S. era stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, Trenitalia decise di licenziarlo anche sulla scorta del fatto che l'uomo aveva continuato a stalkerare la collega anche durante il 2014 e il 2015.
Il provvedimento espulsivo era stato confermato dal Tribunale di Venezia e poi anche dalla Corte di Appello del capoluogo lagunare, con sentenza del 2018. Adesso anche la Cassazione ha respinto l'ultimo tentativo di Antonio S. di non perdere il posto di lavoro. La sua difesa ha sostenuto che il licenziamento era eccessivo e che bastava un trasferimento «ad altro impianto». Per la Cassazione invece il licenziamento per giusta causa ci sta tutto: davanti alla gravità dei fatti non ha alcuna rilevanza la circostanza che non siano compresi e descritti nella «tipizzazione» dei comportamenti illeciti prevista dalla contrattazione collettiva.
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