Una vita in sala operatoria: «Il mio cellulare a disposizione dei pazienti, giorno e notte, anche quando ero in vacanza»

Domenica 19 Settembre 2021 di Nicoletta Cozza
Fernando Bozza, primario della Chirurgia Senologica del Iov
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Ha trascorso la mattinata in sala operatoria. E il pomeriggio, fino a sera, in ambulatorio a visitare. Un copione che ripete quotidianamente da 40 anni. L'altra sera, però, quando ha chiuso la porta dello studio, ha terminato un capitolo della sua vita lavorativa.
Ma per riaprirne subito un altro, sempre al servizio delle pazienti e di nuovo all'insegna della cifra che ha caratterizzato quasi mezzo secolo di carriera: professionalità elevatissima, disponibilità totale, gentilezza impagabile e un sorriso rassicurante.
Fernando Bozza, primario della Chirurgia Senologica del Iov, infatti, venerdì 17 settembre ha compiuto 70 anni e quindi per lui è scattato il momento della pensione.
Ma fino a un certo punto, perché proseguirà l'attività chirurgica e ambulatoriale in altre sedi, a Villa Maria e al Centro Cadorna di Padova, e a Villa Salus a Mestre.


In ospedale era entrato da studente e poi nel 1977, un'altra data della sua esistenza caratterizzata dal numero 7, aveva conseguito la laurea, prima di ottenere le due specialità, una in Chirurgia generale, e l'altra in Chirurgia toracica e cardiovascolare.
Da 12 anni, invece era direttore della Chirurgia senologica dell'Istituto oncologico veneto.

Oltre 6mila gli interventi alla mammella che ha effettuato complessivamente (1.500 solo nell'ultimo anno, con 700 primi casi di tumore riscontrati) e altre 6mila le operazioni di chirurgia generale. E il bilancio comprende pure altrettante migliaia di vite salvate, soprattutto donne colpite dal tumore al seno. 


Dottor Bozza, come ha cominciato?
«Sono partito da Santa Maria da Sala, ma pur essendo un veneziano di terraferma, ho studiato a Padova, frequentando il liceo classico al Barbarigo e la facoltà di Medicina al Bo. Ma già dal terzo anno di università sono arrivato in sala operatoria al Giustinianeo, grazie al professor Carlo Alberto Carlon e ho proseguito poi con un altro grande maestro, il professor Augusto Corsini. Al suo fianco ho imparato tantissimo. Facevo turni di notte anche per 15 giorni consecutivi alla clinica Diaz, e poi la mattina andavo direttamente in ospedale a lavorare. Ricordo che un giorno chiesi a quest'ultimo un permesso per andare a un matrimonio e lui nicchiava a concedermelo: lo convinsi, però, dicendogli che pur essendo sposato da 5 anni, con mia moglie Pierpaola ero stato solo 2 anni e mezzo Allora non c'erano suddivisioni in ambito chirurgico, ma si operavano addome, torace, vene o arterie nel medesimo ambito».


La passione per la senologia le è venuta a inizio carriera?
«Me l'hanno trasmessa i professori Alfonso Pluchinotta, ricercatore e chirurgo d'eccezione, e Cosimo Di Maggio, uno dei massimi esperti nelle diagnosi appunto inerenti il seno, che ora ritroverà al poliambulatorio Cadorna. Una parte del corpo importantissima per la donna, perché si tratta di un organo simbolo della sessualità, della maternità e della femminilità. Operare la mammella, quindi, significa poi seguire la paziente dal punto di vista psicologico, oltre che clinico. E per me è diventata una missione prendere in carico le malate dal momento della diagnosi ai controlli post guarigione».

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C'è un caso che ricorda in modo particolare?
«Tutti i pazienti mi hanno dato le medesime soddisfazioni, ma quello che mi ha sempre appagato di più è stato vederli sorridere. Ho sempre messo a loro disposizione il mio cellulare, giorno e notte, anche quando ero in vacanza. Chiamando non mi hanno mai disturbato, anzi. Ascoltare le persone, sia i malati che i loro parenti, e rispondere ai loro dubbi con gentilezza, è sempre stata una priorità. E poi c'è un altro fattore che mi riempie di orgoglio».


Quale?
«Avere contribuito a creare qui allo Iov, in un punto di riferimento internazionale per le cure oncologiche, una squadra di professionalità eccezionali, sia medici che infermieri, e di persone sempre a disposizione delle pazienti».


L'idea di andare in pensione la spaventa?
«Sarebbe un incubo pensare di non essere più utile alla gente quindi continuerò a indossare il camice e a esserci per tutti. I rarissimi momenti in cui il cellulare squilla poco, mi preoccupo, e i tantissimi biglietti con parole commoventi che mi sono arrivati dalle persone che ho curato, mi confermano che la decisione di continuare a lavorare è quella giusta».


Qual è il suo segreto per mantenersi così giovanile e attivo?
«Il calcio, la mia grande passione. Ogni lunedì gioco, esterno destro o sinistro, con gli amici storici del Gornik Mirano, e oltre alla partita che dura 70 minuti ho un allenamento settimanale. Da studente ero arrivato in Serie D con lo Spinea, ma poi ho dovuto lasciare perché gli impegni universitari non mi lasciavano tempo. E poi guardo le partite e quando posso vado a San Siro a vedere il Milan e Ibrahimovic che a quarant'anni sta facendo cose incredibili, dando la mentalità giusta alla squadra. Durante l'epopea Sacchi per 10 anni di fila ho avuto l'abbonamento in tribuna. Adesso, per colpa del Covid, purtroppo vado saltuariamente. Un'altra mia grande passione sono gli animali: i cavalli che condivido con mia figlia Elisa che ha un maneggio a Santa Maria di Sala, e i cinque cani di famiglia».


Come vivrà domani il suo primo giorno da pensionato?
«Al lavoro. In sala operatoria. E appena uscirò accenderò subito il cellulare, per rispondere alle mie pazienti».

Ultimo aggiornamento: 20 Settembre, 09:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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