Orchestra in platea e pubblico a prua: la Fenice porta in scena la sua rivoluzione

Domenica 21 Giugno 2020 di Marta Gasparon
Rivoluzione alla Fenice per le norme anti Covid
1
VENEZIA - La consapevolezza di un ritorno alla normalità ancora lontano da un lato. La necessità di tenere viva la fiamma di uno dei luoghi simbolo della città dall'altro. Fortunato Ortombina, sovrintendente e direttore artistico del Teatro La Fenice, si sente diviso tra un sentimento e l'altro. E traccia un bilancio ripercorrendo i mesi complicati che stiamo per lasciarci alle spalle, con uno sguardo rivolto al futuro e alle novità in cui il teatro veneziano sarà coinvolto. Di positivo c'è intanto la conclusione dei lavori che hanno consentito di ripristinare il pieno funzionamento della parte tecnica, impiantistica e meccanica del teatro veneziano. Gravemente compromesso dalla marea record del 12 novembre scorso che aveva sommerso gli impianti, per oltre 2 milioni di euro di danni. Un lavoro terminato nell'ultimo mese e mezzo, approfittando del lockdown.

Sovrintendente Ortombina, chi vuole ringraziare a riguardo? 
«Innanzitutto il governo e il sindaco Luigi Brugnaro per averci fatto avere in tempo i fondi necessari. Ma anche le centinaia di soggetti, veneziani e di tutto il mondo, che al nostro appello hanno risposto con donazioni arrivate a più di 300mila euro».
Quali le novità previste per la Fenice?
«La prima riguarderà l'installazione di una sorta di chiglia di una nave, lunga 26 metri. Una struttura in cui prenderanno posto sulle poltrone 70 spettatori e che manterremo finché non sarà possibile tornare a lavorare normalmente».
Verrà montata dal 26 giugno, ma cosa cambierà? 
«La platea, dove sono state tolte le poltroncine, è stata sottoposta ad una rivoluzione totale. Qui ci sarà l'orchestra, oltre ad uno spazio intorno destinato all'azione scenica. La chiglia in legno partirà dalla buca dell'orchestra appoggiandosi proiettata verso l'alto al palcoscenico, arrivando fino al muro in fondo. E da qui, seduto all'altezza della prua, il pubblico potrà assistere allo spettacolo da una prospettiva impressionante, solitamente preclusagli. Mentre gli altri potranno disporsi anche sui palchetti, arrivando a riempire il teatro di 250-300 spettatori complessivi al massimo».
Quali altre misure anti Covid adotterete?
«All'ingresso sarà misurata a tutti la temperatura tramite termoscanner e ovunque, in teatro, distribuiti sanificatori per le mani. La mascherina dovrà essere indossata a meno che gli spettatori non siano distanti fra loro più di un metro. Mentre i musicisti, distanziati, non l'avranno. Sarebbe stata un'immagine scoraggiante: la musica infatti non deve dare nessun messaggio di paura, ma infondere coraggio».
E per il Malibran cos'è previsto?
«Anch'esso invaso dall'acqua alta, qui è stato sistemato tutto, con una sorpresa in più. Abbiamo realizzato una nuova fossa d'orchestra: da fissa a mobile, permettendo di tirar su il suo piano a livello del palcoscenico. Una novità che allieterà il pubblico, finora abituato a vedere una voragine davanti a sé».
Come vede la ripartenza?
«Come qualcosa di graduale, il virus c'è ancora e questo non può che condizionare le modalità di fruizione del teatro. Il pubblico tornerà il mese prossimo, ma un po' alla volta. Si partirà il 5 luglio con un concerto degli ottoni e del coro della Fenice che si aprirà con la Fanfare for a common man di Aaron Copland, per proseguire con le musiche di Claudio Monteverdi, Giovanni Gabrieli e Bach. Il 9 luglio sarà la volta di un concerto diretto da Diego Fasolis, mentre il 10 avremo la prima di un'opera: l'Ottone in villa di Antonio Vivaldi diretta sempre dal maestro Fasolis. C'è da dire che nel nostro cartellone non l'avevamo prevista, l'abbiamo lavorata appositamente per poter essere eseguita nelle condizioni in cui ci troviamo attualmente».
Cosa si aspetta dai prossimi spettacoli?
«Ci consentiranno di vedere la reazione degli spettatori ed io voglio essere incoraggiante. Il teatro non è un luogo di untori: accetto la legge, sia chiaro, ma dico che il Covid forse è un'infezione più legata ai comportamenti delle persone che ai luoghi. E il teatro è un posto in cui si resta seduti, in ordine, e in silenzio».
Come avete affrontato il lungo stop forzato?
«Sul canale YouTube della Fenice e sui social abbiamo proposto concerti in diretta streaming dei nostri musicisti, alle 19 e dal teatro. Questa sera ci sarà l'ultimo appuntamento, dove un gruppo da camera suonerà musiche di Mozart e Strauss».
Cosa è saltato durante il lockdown?
«Sono stati annullati 4 concerti e 5 opere che cercheremo di riprogrammare non appena potremo tornare ai 1000 spettatori di sempre. Senza considerare che, non facendo spettacolo, sono venute a mancare le risorse: per il 2020 parliamo di una perdita intorno agli 8 milioni di euro, su un bilancio di 34».
Qual è la situazione attuale dei lavoratori (coro, orchestra, intermittenti...)?
«Si tratta di più di 300 persone. Lo stop subìto lo hanno vissuto male, affrontando una penalizzazione economica. Il nostro impegno è stato quello di riuscire a riaprire il prima possibile, per far tornare tutti al lavoro. Ma in questo periodo la cassa integrazione non è finita: una volta terminati i concerti in streaming, i lavoratori torneranno in cassa integrazione per un'altra settimana per poi riprendere a lavorare in luglio. Auspico che con agosto l'attività ricominci normalmente». 
Quale insegnamento trarre da quanto accaduto?
«Venezia è una sfida grande dovrà saper cogliere questa sciagura come un'opportunità. La musica può aiutare. E il lavoro deve poter tornare presto ad animare questa città». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci