L'imprenditore: «Due anni in mano a quegli aguzzini che volevano spolpare la mia azienda»

Giovedì 28 Aprile 2022 di Valeria Lipparini
La sede dell'azienda di Renato Celotto

ERACLEA - «Ho letto il Gazzettino e mi è sembrato che un incubo avesse fine. Chi aveva tentato di spolpare la mia azienda per due anni, la Matti group di Eraclea che poi ho venduto, era stato arrestato». Inizia così il racconto Alessandro Tonello, imprenditore che ha presentato due denunce, una ai carabinieri di San Donà e una alla Guardia di Finanza di Mestre, contro Gianduzzo e Biasiol per aver usato metodi simili a quelli messi in pratica con Renato Celotto, tra le altre cose ex direttore strategico del centro Tom di Santa Maria di Sala e al vertice di una società che ha gestito, finora, il golf club Ca' Della Nave di Martellago.

«Celotto? Lo avevo conosciuto nel 2020 per essere stato costretto a lavorare alcuni mesi per lui, gratis.

Ho tenuto i conti delle aziende legate alla Btime. Anche mia moglie Nadia è stata costretta a lavorare per un'altra azienda trevigiana, sempre di Celotto» racconta.



LO STRATAGEMMA
Tonello ha telefonato a Celotto pochi giorni fa. Tra loro, dopo la prima diffidenza, era nata un'amicizia dettata dalla solidarietà. Lo spiega bene lo stesso Tonello: «Eravamo sorvegliati costantemente da Gianduzzo e Biasiol. Non potevamo parlare tra noi, pur lavorando nella stessa azienda e inizialmente ho pensato che Celotto fosse in combutta con loro. E lo stesso aveva pensato lui di me. Ma volevo vederci chiaro e ho cercato uno stratagemma per parlargli da solo. Gli ho scritto via computer chiedendogli un confronto. Ci siamo trovati nel parcheggio sotterraneo della ditta, quando i due erano andati a pranzo usando una Maserati dell'azienda. A quel punto gli ho mostrato le denunce che avevo presentato e lui, solo allora, mi ha detto che era sotto scacco come me. E che avrebbe trovato il coraggio per denunciare». Cosa che poi ha puntualmente fatto.

IL PIANTO LIBERATORIO
«E l'altro giorno, al telefono, ha pianto - dice Tonello - Spero, davvero, che sia finito un incubo per tutti e due. Le dico soltanto che mia moglie sta aspettando un figlio. Una decisione che avevamo sempre rinviato finchè nella nostra vita c'erano Gianduzzo e Biasiol. Ora non lavoro, non faccio nulla. Devo riprendermi. Troppa paura, troppa tensione. Ho bisogno di calma e serenità. Ma le offerte di lavoro ci sono. Ho vissuto un incubo. Devo dimenticare».
Valeria Lipparini
 

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