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L'espulsione è impossibile: il "mummia" torna a Mestre. La vicenda assurda del pusher della Bissuola

Nordest > Venezia
Venerdì 22 Gennaio 2021 di Davide Tamiello
L'espulsione è impossibile: il "mummia" torna a Mestre. La vicenda assurda del pusher della Bissuola
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MESTRE (VENEZIA) Il mummia è tornato. No, non c'è un errore tra articolo e soggetto, e non si sta parlando nemmeno dell'ennesimo sequel della famosa saga cinematografica The Mummy, firmata da Stephen Sommers. Stiamo parlando di Mohammed Drammeh, 36enne della Sierra Leone, sconosciuto ai più, probabilmente, ma famosissimo a Mestre e in particolare al parco della Bissuola, suo quartier generale ormai da diversi anni. Spacciatore, attaccabrighe, vandalo (con problemi di squilibrio mentale). Il suo soprannome? Basta guardarlo in faccia per capire da dove derivi: i lineamenti scavati e duri, infatti, ricordano neanche troppo vagamente quelli di una mummia egizia. Drammeh, negli anni, ne ha combinate di cotte e di crude. La sua attività di pusher, alla fine, era quella meno fastidiosa, tra sputi contro donne e bambini e aggressioni ai vigili (tanto da devastare, in un'occasione, sia la volante sia la camera di sicurezza in cui era stato rinchiuso). Nell'ultimo periodo, poi, era diventato l'incubo dei residenti: di notte si divertiva, con un martello, a sfondare lunotti e finestrini delle auto in sosta. E non episodi sporadici, visto che in poche settimane il 36enne aveva messo in fila circa una cinquantina di colpi. 


A novembre sembrava finita, quando la polizia l'aveva preso e spedito al centro per il rimpatrio di Macomer (Nuoro) in attesa della tanto agognata espulsione. Tutto è bene quel che finisce bene? Ma nemmeno per sogno: da qualche giorno Drammeh è di nuovo in città con il suo martello. Nel giro di due giorni hanno ricominciato a far saltare i cristalli delle auto, sempre nella stessa zona, e lui è stato fermato e identificato per ben due volte. Prima dalla polizia locale (mercoledì) poi dalle volanti della questura (ieri). 


«CORTO CIRCUITO»

Non è che sia tornato, di fatto non se ne è mai andato. E scaduti i termini per la custodia (90 giorni) è stato rimesso in libertà. Chi pensava, però, che l'averlo scortato in Sardegna fosse più che sufficiente ad allontanarlo per sempre, si sbagliava. L'uomo, ha raccontato agli agenti di polizia, grazie a una colletta di altri stranieri, è riuscito a comprare il biglietto della nave e poi, definitivamente, a riprendere possesso del suo amato parco della Bissuola. Ma cosa è successo? «È un corto circuito burocratico - spiega il questore di Venezia, Maurizio Masciopinto - di fatto manca l'accordo con la Sierra Leone per il riconoscimento degli espulsi. Se non lo riconoscono come loro cittadino non è possibile rimpatriarlo». Un bug, questo, che rischia di non aver via d'uscita. Il paradosso è che o il mummia ne combina una veramente grossa, tale da finire in carcere a lungo, o sarà difficile sbarazzarsene. «Stiamo cercando nuove vie per trattenerlo», conferma il questore. 


LA SITUAZIONE

Quello di Drammeh non è un caso isolato. Tra convalide, riconoscimenti, pratiche in coda, dal momento in cui uno straniero viene accompagnato in un centro per il rimpatrio a quando viene effettivamente imbarcato sul volo per il proprio Paese d'origine, possono passare dei mesi. Eppure i soldi ci sono: il dl del 17 febbraio 2017, Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto della immigrazione illegale, aveva previsto 19 milioni di euro per le espulsioni nel solo 2017. Per le spese di gestione dei centri lo Stato ha autorizzato 3,8 milioni per il 2017, 12,4 milioni per il 2018 e 18,2 milioni per il 2019. Gli accordi internazionali ci sono ma non ovunque. Sono escluse le zone di guerra come, per esempio, Afghanistan e Siria. Poi ci sono i problemi di tipo organizzativo-burocratico (è il caso del mummia). Lo straniero espulso, va identificato e deve essere riconosciuto dal Paese d'origine che, in caso di mancanza di documento, fornisce un passaporto provvisorio. I rapporti con i consolati non sono sempre all'acqua di rose, possono essere più o meno complessi a seconda delle diverse disponibilità. La Sierra Leone non collabora troppo volentieri, come si è visto. Situazione quasi analoga con la Nigeria. Altra questione importante: gran parte dei paesi africani non hanno una vera e propria Anagrafe, e se ce l'hanno è talmente recente da non essere aggiornata. Gran parte delle registrazioni, infatti, hanno un'unica data: 1. gennaio, cambia solo l'anno. In caso di omonimia nello stesso anno di nascita, quindi, servono ulteriori e approfondite verifiche per accertare l'identità del respinto. E i tempi, inevitabilmente, si dilatano, fino alla scadenza dei termini. 
 

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