Eraclea, la segretaria del boss Donadio: «Bastava che parlasse per farti abbassare lo sguardo»

Venerdì 16 Settembre 2022 di Nicola Munaro
Eraclea, la segretaria del boss Donadio: «Si vantava della sua pericolosità»
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ERACLEA - «Non sono serena». E alle parole sono seguite quelle che diventeranno le prime di tante lacrime: intervalli emotivi di una deposizione durata fino a metà pomeriggio. Claudia Zennaro è l'ex segretaria di Luciano Donadio, il presunto capo dei casalesi nel Veneto orientale e imputata nel maxi-processo.

Due anni di lavoro

Ieri ha raccontato la sua storia lavorativa a fianco del boss. «Quando ho conosciuto Donadio - ha detto - mia madre era in coma e mio marito aveva un divieto di avvicinamento: avevo bisogno di un lavoro, lavoravo da un concessionario dove non mi pagavano». In quell'autosalone lei conosce il suo futuro datore di lavoro: «Non ho mai sentito chi fosse Donadio era solo un cliente che girava per il concessionario e aveva bisogno di un'impiegata». È il 2012 e lei resta alle sue dipendenze fino alla primavera 2014. «Io non sono una cattiva persona e tanto meno una mafiosa, parola che aborro: io voglio essere trasparente, ho solo cercato di tenere i rapporti e non avere difficoltà» ha ripetuto piangendo e ricordando anche quando, ormai non più stipendiata da Donadio, aveva continuato ad affiancarlo. «Ho cercato di trovare una soluzione per fare la cosa giusta e non trovarmi nei guai - ha spiegato - Una volta avevo spiegato che erano state fatte delle assunzioni non regolari, l'Ispettorato del lavoro fece delle indagini e arrivò a togliere contribuzioni, pensioni e disoccupazioni».

Anche perché «venivano fatte buste paga anche per persone che non lavoravano, erano poche le persone di cui ero certa che lavorassero».

Il boss

Spinta dalle domande dei pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, Zennaro ha tratteggiato Donadio. «Persona ferma e decisa, urlava ma non alzava le mani: bastava che parlasse per farti abbassare lo sguardo. Come chiedeva le cose lui era difficile dirgli di no. Mi chiese di tenere a casa dei documenti perché aveva paura di indagini e perquisizioni. Io gli avevo chiesto di intervenire per risolvere dei problemi con dei bulli».
Poi le sparate verbali: «Tutti si vantavano, dicevano di potersi risolvere le questioni da soli, ce l'avevano con le forze dell'ordine, dicevano sempre quei cornuti. In un'occasione si era vantato di essere amico di Sandokan», al secolo Francesco Schiavone, al momento il principale boss dei casalesi. E quando i pm le hanno ricordato la sua deposizione durante le indagini e il suo «Donadio si vantava della sua pericolosità, di dare lezioni a chi non lo avesse pagato, che se c'era da risolvere le cose con violenza era disposto a farlo», ha risposto: «Confermo». Fino a: «avevo paura anche di lui anche se a me non ha mai fatto nulla». Ma Zennaro si è intimorita quando il boss, collegato in videoconferenza, si è alzato e ha gesticolato davanti alla telecamera, per poi scusarsi.

Il bancario

L'ultimo faro - prima delle domande delle difese - l'accusa ha voluto accenderlo sui rapporti tra il numero uno dei casalesi sul litorale e Denis Poles, ex direttore delle filiali di Jesolo e Musile di Piave del Monte dei Paschi di Siena. Il quale - sostengono i pm - si preoccupava di erogargli finanziamenti senza troppi problemi. «Donadio diceva che grazie a lui poteva fare tutto quello che voleva, ma non so se fosse vero o glielo faceva credere - ha risposto l'ex segretaria del boss - Lui (Donadio, ndr) diceva accetta tutto quello che gli mando, amico mio fa quello che gli dico. Certo concedeva anche su conti intestati ad altri, dei fuori fido, di avere contanti anche se non prenotati. Credo lo facesse per fare una vita serena e stare tranquillo».
 

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