L'imprenditore al processo: «Così Donadio e i suoi amici mi hanno rovinato la vita»

Mercoledì 24 Marzo 2021 di Gianluca Amadori
IERI IN UDIENZA Al processo sul clan dei Casalesi la testimonianza dell imprenditore Ludovico Pasqual

ERACLEAHa dichiarato di aver perso tutto per colpa degli uomini del clan dei casalesi: soldi, serenità, salute e anche la moglie, da cui si è separato dopo anni di tensioni e paura. Ludovico Pasqual, 53 anni, pordenonese di origini, residente ad Eraclea, è l’unico imprenditore ad essersi costituito parte civile contro Donadio & C al processo in corso nell’aula bunker di Mestre. Ieri è comparso di fronte al Tribunale per raccontare la sua storia, iniziata nel 2003 quando conobbe il boss di Eraclea nel suo ruolo di costruttore edile, e conclusasi con la denuncia presentata sette anni più tardi, dopo aver dovuto cedere al clan il cantiere di cui si stava occupando perché non era in grado di restituire un prestito al tasso usuraio del 20 per cento.
«Ho patito tanto - ha spiegato l’imprenditore - Più volte sono dovuto andare al pronto soccorso: in 37 anni di lavoro non mi è mai successo quello che ho dovuto subìre in quei 2-3 anni in cui ho avuto rapporti con loro. Ho dovuto anche andare da uno psicologo e i miei figli sono finiti in comunità per qualche anno perché non avevo soldi per mantenerli e per tre mesi non li ho visti».
DANNI MORALI E PATRIMONIALI
Pasqual si è costituito parte civile con gli avvocati Augusto Palese e Davide Vianello Viganò per ottenere il risarcimento dei gravi danni patrimoniali e morali sofferti: ai giudici ha fatto riferimento ad un appalto da circa 110 mila euro, relativo a lavori di dipintura a Pontecrepaldo e Jesolo, che fu costretto a cedere a due uomini di Donadio, Francesco Verde e Antonio Pacifico, entrambi ora accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso.
Rispondendo alle domande dei pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, l’imprenditore ha spiegato che inizialmente era stato lui a contattare Donadio lasciandogli i suoi biglietti da visita nel caso in cui avesse avuto necessità della sua opera in qualche cantiere. Ma, successivamente, furono Verde e Pacifico ad essere coinvolti in alcuni lavori acquisiti da Pasqual, il quale subappaltò loro (e ai rispettivi operai), una serie di attività. Gli accordi erano che Verde e Pacifico sarebbero stati pagati a lavori conclusi, dopo che Pasqual avesse incassato il dovuto. Ma l’imprenditore ha riferito che dopo pochi giorni i due casalesi iniziarono a tempestarlo di telefonate oppure presentarsi di persona in qualsiasi luogo frequentasse per sollecitarlo a versare loro il dovuto per i lavori, con minacce e intimidazioni. In un’occasione Pasqual riferisce di essere stato preso per il collo da Pacifico. 
UN INFERNO
Da allora è l’inizio dell’inferno per l’impreditore di Eraclea: credendo nell’amicizia di Donadio, più volte chiede il suo intervento per fermare Verde e Pacifico, ma invano. Le risposte del boss sono finalizzate a tranquillizzarlo, ma nella sostanza dà sempre ragione ai suoi uomini e insiste affinché Pasqual paghi i suoi debiti, e soprattutto che continui ad affidare loro interventi in subappalto: «Dobbiamo lavorare tutti», gli ripeteva nel corso dei vari incontri. Nel 2008 lo costrinse a coinvolgerli anche nei lavori di Jesolo e Pontecrepaldo. Successivamente l’imprenditore si trovò in crisi e furono Verde e Pacifico a prestargli 12 mila euro, a fronte dei quali fu costretto a restituirne di soli interessi 2400 al mese. È quello l’inizio della sua caduta, fino a quando fu costretto a cedere i lavori al clan che, non soddisfatto, continuò comunque a ritenersi in credito e pretese altri soldi, in particolare dopo aver saputo che Pasqual aveva incassato il risarcimento assicurativo per un incidente. Nel 2010 la denuncia alla polizia è stata la fine di un incubo.
 

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