Edicola fallita in Piazzale Roma e soldi Avm/Actv spariti, parla Fabio Bresin, titolare della snc Il Chiosco di Pluff

Domenica 24 Aprile 2022 di Fulvio Fenzo
Edicola fallita in Piazzale Roma e soldi Avm/Actv spariti

VENEZIA - Quasi la ringrazia, quell'Aqua Granda del novembre del 2019. Senza quell'evento che mise in ginocchio la città e fermò il turismo prima della botta del Covid, la voragine nei conti della sua edicola con Avm/Actv sarebbe diventata ancora più profonda. Ma, nonostante l'esplosione sulla stampa del caso di quel mezzo milione di euro di biglietti e abbonamenti venduti senza girare gli incassi ad Avm sia esploso un anno dopo, nel novembre 2020, i problemi di liquidità della sua società erano stati segnalati ben due anni prima.


Fabio Bresin, 58enne mestrino, titolare della snc Il Chiosco di Pluff che arrivò a gestire le tre edicole di piazzale Roma (quella all'imbarcadero della Linea 2 vicino al Calatrava e le altre al centro del piazzale e ai Tre ponti in fondamenta Cossetti), racconta la sua versione della vicenda.

Che, oltre al buco nei conti con Actv, altre società, Erario e banche, vede anche un'inchiesta parallela sugli ex soci e dipendenti dell'azienda, per capire dove siano finiti tutti quei soldi che hanno generato il buco da oltre 800mila euro e, quindi, il fallimento chiesto dallo stesso Bresin.

Edicola di Venezia, soldi spariti


E soldi che giravano ce n'erano tanti. Tantissimi e tutti in contanti. «Negli anni buoni fatturavamo fra i 3 e i 4 milioni di euro - racconta -. In certi periodi si arrivava ad un incasso di 30mila euro al giorno tra biglietti, giornali, souvenir e bibite... Era impossibile controllare tutto, fare un inventario quotidiano. Mi sono convinto che un po' alla volta, mese dopo mese, il buco si sia creato con prelievi dagli incassi di cui non mi sono accorto. Qualche banconota al giorno...». Del resto i soldi continuavano ad entrare nelle casse della società («i bilanci fino al 2019 erano sempre in utile» sottolinea Bresin), ma già nel novembre 2018 Il Chiosco di Pluff inizia a ritardare i bonifici a Vela/Avm, mediamente tra i 50 e i 60mila euro ogni dieci giorni. «Avvisavo sempre via mail dei ritardi nei pagamenti, chiedendo dilazioni - riprende il 58enne -. Poi, nell'aprile 2019, la nostra referente in Vela (la dipendente poi licenziata da Avm, ndr.) ci chiese di regolarizzare le posizioni perché aveva pressioni dall'alto». In novembre l'Aqua Granda fa il resto, azzerando turisti ed incassi che servivano a sanare progressivamente i debiti. «Poi nel 2020 è iniziato il lockdown e, il 9 aprile, Avm mi chiude i terminali per l'emissione dei biglietti. Il 17 maggio - continua Bresin - invio una proposta di rientro dai debiti senza ottenere risposte e il 27 luglio 2020 ricevo la diffida di Avm». La società (che era in affitto nelle due edicole all'imbarcadero e nel centro del piazzale) è però proprietaria di quella dei Tre Ponti. «In ottobre presento ad Avm un piano per ripianare interamente il debito in cinque anni, vendendo quell'edicola e rinunciando all'aggio sulla vendita dei ticket, ma l'azienda rifiuta e inizia la causa».

Denuncia contro ignoti e fallimento

Nel 2020 nella snc c'era anche un altro socio, Fabrizio Bertolin 57enne della Cipressina, insieme a sei dipendenti, tra cui la moglie e il fratello di Bresin. «Nel gennaio del 2021 ho presentato una denuncia contro ignoti alla Guardia di finanza, chiedendo controlli su tutti ed anche sulla fatturazione dei terminali - riprende il titolare che, in aprile, resta unico socio -. Le indagini sono ancora in corso, mentre mi attendevo la richiesta di fallimento da parte di Avm. Non è arrivata e, il 29 aprile 2021, ho fatto io il passo di portare in autofallimento la società». La sentenza del Tribunale di Venezia è arrivata nei giorni scorsi, con la nomina del commercialista Umberto Pavan quale curatore fallimentare.

Dove sono finiti i soldi?

«La prossima settimana gli porterò tutta la documentazione - conclude Fabio Bresin -. Ho pacchi di carte, conti, mail che accertano come dal 2018 Avm sapesse tutto delle nostre difficoltà, ma a pagare è stata solo la dipendente licenziata. E, sul fronte della mia società, avrei preferito che mi arrivasse un ladro in casa per rubarmi tutto, invece di perdere la fiducia nelle persone che mi erano vicine. Quei soldi io non li ho, ma da qualche parte devono essere finiti».

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