Spinea, Vera uccisa con dieci coltellate: l'ex marito la picchiava, non poteva avvicinarsi ma due anni fa il divieto era stato revocato

Lunedì prossimo era in programma l'ultima udienza del processo per maltrattamenti e violenza

Giovedì 24 Novembre 2022 di Roberta Brunetti Nicola Munaro
Vera uccisa con dieci coltellate: «L'ex marito la picchiava e le aveva già puntato il coltello. Era a processo per maltrattamenti»

SPINEA - Una scena del delitto da studiare come da studiare è anche il movente, perché quella di Viron Karabollaj è stata una violenza esplosa all'improvviso con dieci coltellate all'ex moglie Vera Myrtaj ma che - forse - covava come tizzone ardente sotto la brace di un'apparente normalità riacquisita negli ultimi anni.

IL DIVIETO

L'uomo, che domenica pomeriggio ha massacrato lei e il suo nuovo compagno Flonino Merkuri e poi si è impiccato nell'azienda in cui lavorava, avrebbe dovuto affrontare lunedì prossimo l'udienza finale del processo per maltrattamenti e violenza sessuale nei confronti di Vera. Una storia iniziata prima che nel marzo 2018 lei denunciasse tutto, per poi ripetersi nel gennaio 2019 quando, assieme al suo avvocato, Barbara Berto, aveva dato il via alla causa contro l'ex marito. La denuncia aveva portato il tribunale civile di Venezia a firmare un ordine di protezione contro gli abusi familiari nei confronti dell'operaio divenuto definitivo nel luglio 2019, mese nel quale lui aveva deciso di lasciare la loro casa di Spinea, dove viveva con le due figlie. La misura - temporanea - era poi scaduta e non c'era più stata necessità di rinnovarla anche perché il clima sembrava aver trovato un equilibrio. Nel novembre 2021, era arrivato l'affido esclusivo delle due figlie a Vera: Viron Karabollaj poteva vederle solo in ambiente protetto.

Una situazione essa stessa in evoluzione: il tribunale civile infatti aveva incaricato i Servizi Sociali di monitorare la situazione per poi firmare una relazione da depositare entro la fine di dicembre 2022. L'udienza nel merito era quindi già fissata il 26 gennaio 2026.

LE MINACCE

Sempre nel processo per cui era fissata la sentenza il 28 novembre - e che invece verrà dichiarato estinto per morte dell'imputato - Vera era parte civile. Nelle denunce, così come di fronte al tribunale collegiale di Venezia, la donna aveva raccontato degli abusi subiti dal marito e di una situazione difficile da anni, in cui lei cercava soltanto di proteggere le due figlie. Tra le minacce messe nero su bianco, anche il racconto delle volte in cui il marito le aveva puntato il coltello di fronte. Poi le botte con i referti del Pronto soccorso a certificare le violenze subite dalla trentasettenne durante gli anni di soprusi vissuti.

IL BOSSOLO

La violenza, sopita, è poi esplosa domenica. In casa il corpo di Vera Myrtaj era in un lago di sangue, trafitto da una decina di coltellata al petto e con quella ferita alla testa, forse compatibile con il colpo di un'arma da fuoco. Al piano di sotto, nel garage, l'altra vittima, Flonino Merkuri, colpito dalla lama al petto e alla schiena, segno di una lotta disperata contro il suo assassino. La ricostruzione del duplice omicidio di Spinea parte da questi elementi. Sempre nel garage sono stati trovati un coltello insanguinato, ma anche una pistola e un bossolo. Stamane il sostituto procuratore Daniele Moroni affiderà l'incarico di eseguire le autopsie sulle due vittime al dottor Carlo Terranova, il medico legale che aveva già esaminato i corpi sul luogo del delitto. Esami che si annunciano complessi e richiederanno del tempo, tanto che il medico ha programmato di eseguirli in due giorni: il primo nel pomeriggio, il secondo domani. Dalle autopsie ci si attende, per prima cosa, di chiarire l'origine della ferita alla testa della donna. Il medico non aveva escluso che potesse essere stata causata da un'arma da fuoco. Forse proprio da quella pistola, vera, forse caricata a salve. Le autopsie dovrebbero anche chiarire la sequenza con cui sono avvenuti i delitti.

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Ultimo aggiornamento: 12:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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