Don Franco De Pieri, una vita straordinaria in trecento pagine

Giovedì 3 Giugno 2021 di Maurizio Dianese
Don Franco De Pieri

MESTRE - Se esistesse il Giardino dei giusti anche per i cattolici, sicuramente don Franco De Pieri avrebbe un posto d'onore. Perché nessuno ha salvato tante vite come lui. Almeno cinquemila giovani tossicomani sono passati per il Ceis, il Centro italiano di solidarietà inventato da don Mario Picchi nel 1981 e importato a Mestre da don Franco qualche anno dopo, dedicandolo a Don Milani. Si tratta di un metodo di approccio alle tossicodipendenze che ha un tasso di successo molto alto e che mette al centro del metodo il Progetto Uomo. Che non è solo uno slogan, ma un modo di interpretare concreto la cura delle tossicomanie.
 

LA STORIA

Don Franco non sa nulla di droghe quando nel 1985 inizia il suo percorso grazie all'intuizione di Marco Cè, il patriarca di Venezia al quale si devono decisioni strategiche e geniali che hanno segnato la vita della città. Una di queste è quella di prendere due ex allievi di monsignor Vecchi e trasformarli in operatori del bene. E così Don Armando diventerà il mago che risolve il problema dei vecchi e dei poveri, don Franco quello dei giovani tossicomani. Ecco perchè il libro-biografia Chi ama ricorda appena uscito per Marsilio, scritto da Paolo Fusco, è un libro che va letto e che va meditato. Paolo Fusco lo presenterà al Toniolo il 22 giugno in un appuntamento che racconterà vita, morte e miracoli di don Franco che, partendo da zero, è riuscito a mettere in piedi una baracca che oggi dà lavoro a 250 persone e che fattura quasi 10 milioni di euro all'anno. Una macchina da guerra che negli anni è diventata l'ancora di salvezza per migliaia di giovani che erano finiti nel gorgo dell'eroina e della cocaina, dell'alcol e del gioco di azzardo.
Ma non è questo il solo capolavoro di don Franco, la sua grandezza è dimostrata dal fatto che morto lui, improvvisamente nel dicembre del 2015, quello che aveva messo in piedi si è addirittura sviluppato.

Perchè don Franco era anche abilissimo nella scelta degli uomini giusti e così, prima ancora di chiudere baracca e burattini per andare in Brasile dove avrebbe voluto concludere la sua vita da missionario è stato riportato in Italia solo dagli acciacchi del suo vecchio cuore aveva lasciato tutto in mano ad Angelo Benvegnù il quale si è dimostrato altrettanto abile e capace nella gestione di quella che è a tutti gli effetti una impresa etica e commerciale.

FORTE ROSSAROL

E così Forte Rossarol, acquisito dal Comune e dato in comodato d'uso gratuito a don Franco per 99 anni, anno dopo anno è diventato per mezzo mondo il punto di riferimento per l'intero arcipelago delle tossicomanie. Certo, qualche colpo della Provvidenza non è guastato, come ammetteva lo stesso don Franco, a cominciare dal fatto di aver trovato sul suo terreno amministratori capaci e illuminati come Massimo Cacciari e Gianfranco Bettin il quale negli anni 90 costruisce, dal nulla di prima, passo dopo passo, un welfare comunale che tutta Italia copierà. Non che siano mancati i momenti di forte tensione come quando Bettin inaugura le politiche di intervento a bassa soglia che puntano ad evitare le stragi di giovani tossicomani. Don Franco ricorda Paolo Fusco nel libro - non guarda con favore a queste politiche che prevedono la fornitura gratuita di siringhe pulite per evitare l'Aids così, come la prescrizione di metadone e di Temgesic per evitare le crisi di astinenza ed iniziare percorsi di recupero. Don Franco si scaglia contro un sistema che giudica un invito a drogarsi, mentre lui ha in testa solo il percorso della comunità di riabilitazione. Ogni giorno don Franco attacca a testa bassa e, anche quando si convince ad andare ad un incontro con Bettin, è pronto a dare battaglia. Lo affronta Meme Pandin, l'operatore del Comune che assieme a Bettin ha inventato il welfare a Venezia, e alla fine capisce che ad un problema complesso bisogna dare una soluzione complessa e quindi che ci vogliono le comunità come quella sua di Forte Rossarol, ma anche gli operatori di strada e pure il Temgesic e il metadone distribuito a piene mani.
 

RAZZA PIAVE

Razza Piave al 100 per cento don Franco era nato dalle parti di San Donà di Piave aveva ereditato la capacità contadina di lavorare a testa bassa, ma ci aveva aggiunto una capacità ereditata dal padre di abile mediatore. Sapeva quando tirare dritto e quando mollare, e sapeva anche come utilizzare al meglio tutte le forze in campo, dai politici ai giornalisti soprattutto quei pochi che non mettevano mai piede in chiesa e che lui amava in modo particolare dagli imprenditori ai giovani volontari, per ottenere risultati stratosferici. Ecco perchè a Paolo Fusco ci sono volute 300 pagine di scrittura fitta e gentile, che non diventa mai lezione, piena di aneddoti e curiosità, di approfondimenti e di ricordi per mettere insieme un libro su don Franco. Che riposa in cimitero a Mestre fianco del suo padre spirituale, monsignor Valentino Vecchi al quale guarda riconoscente anche da morto. La tomba di don Franco infatti è stata creata volutamente inclinata verso quella di monsignor Vecchi. Un inchino che è un tributo ad un altro Giusto.
 

Ultimo aggiornamento: 16:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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