VENEZIA - Domenico Pizzamano (1748-1817), ammiraglio, ultimo comandante di forte Sant'Andrea.
La storia
Erano appunto gli ultimi giorni convulsi di esistenza della Serenissima, incalzata da molti nemici ma soprattutto da Napoleone Bonaparte, alla ricerca di un pretesto per invadere i territori veneziani (dopo aver già conquistato Peschiera e Verona), soggetti a una "neutralità non armata". Fu Napoleone stesso a far pervenire al comandante del "Libérateur d'Italie", Jean Baptiste Laugier, l'ordine di puntare contro Venezia. Laugier, raggiunta Caorle da Trieste catturò un'imbarcazione di pescatori, obbligando uno di loro, Ménego Lombardo, un chioggiotto settantenne, a fargli da pilota per il porto di Venezia.
Il pescatore informò l'ufficiale della proibizione a entrare in porto, per decreto del Senato, per qualsiasi nave straniera armata, ma rimase ovviamente inascoltato. All'approssimarsi del tartanone francese, al quale erano state mandate due lance per informarlo del divieto d'ingresso, si contrappose la galeotta bocchese Annetta Bella, comandata da Alvise Viscovich, di Perasto, immediatamente seguita da una scarica delle potenti batterie del forte di Sant'Andrea. Laugier fu subito ucciso da una palla di cannone, mentre gli uomini della Annetta Bella arrembarono il "Libérateur", catturandone l'equipaggio. Il pescatore chioggiotto morì sette giorni più tardi per le ferite riportate, non prima di aver ricostruito sotto giuramento i fatti accaduti. A morire, oltre a lui e al comandante, furono quattro marinai francesi (mentre altri otto vennero feriti e trentanove fatti prigionieri).
Domenico Piazzamano era nato a Corfù il 6 marzo 1748, figlio del Provveditore e Capitano dell'isola Nicolò e di Lucrezia Diedo, entrambi di casato nobilissimo ed illustre. Fu anch'egli Provveditore dell'isola, nel 1783, portando con sé la moglie Marina Marin, sposata poco prima. Ma pur avendo trascorso la sua intera esistenza nella marina militare della Repubblica, il suo percorso politico e amministrativo fu di tutto rispetto: entrò a far parte del Maggior Consiglio solamente a vent'anni per avere estratta la "balla d'oro" il giorno di Santa Barbara del 1768 e nel 1775 era già Capitano della città di Sebenico.
In quegli stessi anni conobbe la corfiota Isabella Teotochi, allora adolescente (e destinata più tardi a sposare Giuseppe Albrizzi e a divenire amante di un altro greco-veneziano celebre, Ugo Foscolo), con la quale nacque un intenso amore reciproco. Ma i genitori della ragazza non lo ritennero un buon partito per la loro figlia. Nel 1780 divenne Giudice del Mobile, poi Savio alle decime di Rialto e dal 1788 Giudice al Cattaver, Provveditore sopra gli uffici e deputato sulle galere dei condannati. Ma il momento della caduta si avvicinava, fino alla notte di aprile del 1797.
Dopo la cattura della nave francese Domenico Pizzamano inviò una relazione sull'accaduto al Senato. Ma il ministro della repubblica francese a Venezia, Jean-Baptiste Lallement, mandò una violenta nota al Senato veneziano, chiedendo l'arresto del Pizzamano, la restituzione della nave e dei prigionieri. Il capitano del forte, in un primo tempo elogiato per il suo comportamento, fu fatto imprigionare per accontentare i francesi. Fu rimesso in libertà il 26 ottobre 1797 dopo una supplica formale a Bonaparte (e per intercessione del vescovo di Treviso Bernardino Marin) ma nel frattempo la Repubblica Veneta era già capitolata il 12 Maggio per mano dello stesso Napoleone. Domenico Pizzamano morì nella sua casa di San Silvestro la sera del 12 dicembre 1817 dopo alcuni mesi di malattia.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout