Cantina Ae do spade. Il silenzio surreale nel piccolo locale di Rialto, poi i clienti arrivano e si ricomincia

Martedì 19 Maggio 2020 di Roberta Brunetti
Cantina Ae do spade. Il silenzio surreale nel piccolo locale di Rialto, poi i clienti arrivano e si ricomincia

VENEZIA «Vuole prenotare? Mi faccia controllare l'agend... Scherzo! È vuota». Sfoderano un'ironia mesta, alla cantina Ae do spade, quando li chiamo per fissare un tavolo per l'indomani a pranzo. E ieri il quadro che ci si presenta, a me e al collega fotografo, è da ristorazione triste: solo metà dei tavoli apparecchiati, tutti vuoti, gel e volantini con le norme anti Covid 19 ovunque, camerieri imbavagliati dalle mascherine, in un silenzio surreale per questo piccolo locale di Rialto, che di solito era tutto un vociare. Ma bastano poche decine di minuti perché, poco alla volta, il locale si animi. Per prima entra una coppietta arrivata da Padova per rivedere Venezia «senza turisti. Spettacolare!». Stessa motivazione di altri due amici, pure loro di Padova. Quindi è la volta di una piccola comitiva tre adulti e sei bambini che viene da Verona. Si accomodano anche due lavoratori del settore trasporti, habitué del locale, che dopo settimane di cibo da asporto possono mettere le gambe sotto a un tavolo: «Finalmente». La voglia di ricominciare a vivere è tanta. Palpabile, come le difficoltà dei ristoratori che si devono districare tra norme, consigli, suggerimenti. Un mix di entusiasmi, timori, titubanze. Un'esperienza da raccontare.



IL LOCALE
Per questa prova sul campo della ripartenza in uno dei settori più complicati, come quello della ristorazione, abbiamo scelto questa vecchia osteria, che vanta una lunga storia. Poche stanze, a due passi dal mercato del pesce, dove tradizione vuole che si spilli vino dal 400. Da una decina d'anni è gestito da due fratelli: Francesco e Giovanna Munarini, con nove dipendenti tra cucina e tavoli. Un locale ancora molto frequentato dai veneziani. Qui, prima del coronavirus, si davano appuntamento i veci del posto, per il giro di ombre già dal mattino. Gli studenti arrivavano per gli aperitivi serali. E poi c'erano i turisti, tanti, come ovunque a Venezia. Improvviso lo stop che ha bloccato tutti e portato la cassa integrazione per i dipendenti. «Mi è stata accettata, me lo hanno confermato la settimana scorsa» racconta Francesco. «Ma i soldi non sono ancora arrivati, mentre le bollette si pagano» annota, amara, Giovanna.

Nel frattempo Ae do spade si sono organizzati anche per l'asporto. «Più che altro per tenere vivo il nome, per non abbassare un'altra saracinesca spiega Francesco In realtà ho coperto appena le spese». Ed ecco l'attesa per la ripartenza vera, quella di ieri. «Sono giorni che puliamo» racconta Giovanna. «Abbiamo comprato un sanificatore all'ozono che mettiamo in funzione la notte» spiega Francesco. Mentre i coperti sono stati ridotti da 43 a 20 per rispettare le distanze. I tavoli sono stati lasciati, ma non vengono apparecchiati. «Non abbiamo spazi dove spostarli. Qui a Venezia si paga ogni centimetro quadrato».



SI MANGIA...
Tutto pronto, insomma, per pranzare. Un po' d'impaccio all'inizio. Ci si lava le mani con il gel, ma questo ormai viene naturale. Si sceglie dal menù in carta usa e getta. Con la mascherina, si sa, capirsi è meno semplice. Francesco mi consiglia la frittura di calamari e verdure. Pronta in cinque minuti. Al tavolo vicino, ma non troppo, parlano di vacanze possibili. Altri clienti prendono posto. I camerieri vanno e vengono. Il clima si fa più rilassato. Quasi normale.

Alla fine, però, niente caffè. «Non abbiamo ancora il rifornimento». Pago con la carta, perché è consigliato per sicurezza. Ma anche perché, al primo giro di clienti, in cassa non hanno ancora resto a sufficienza. E il registro dei clienti che fine ha fatto? «Io ho il blocco delle prenotazioni, come tutti i ristoranti. Posso tenere quello». Ma ieri, su 16 clienti, solo io avevo prenotato. «E poi non posso prendere tutti i nomi, c'è la privacy osserva Munarini -. Faccio questo lavoro perché questo so fare, non interpretare le leggi. Non faccio l'avvocato. E queste indicazioni non sono chiare. Un po' suggeriscono, un po' consigliano... Xe un casin! sbotta Francesco, perdendo l'aplomb - Per questo tanti colleghi hanno deciso di non aprire. Ma se non apri, non hai il polso della situazione». E ieri quel polso qualche battito lo ha dato. «Non me l'aspettavo un avvio così. Metterei la firma se continuasse». Si vedrà.
 

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