Il divorzio non fu causato dalle scappatelle del marito: niente maxi assegno alla moglie tradita

Martedì 7 Marzo 2023 di Davide Tamiello
Negato dal Tribunale il corposo assegno all'ex moglie tradita

VENEZIA - Al marito fedifrago aveva chiesto un risarcimento di 300mila euro per quelle scappatelle extra coniugali. E non solo: per mantenere un tenore di vita compatibile con quello del matrimonio, aveva chiesto anche un assegno di mantenimento di tremila euro al mese. Un divorzio che, a queste condizioni, sarebbe costato decisamente caro a un 45enne imprenditore di Mira (Venezia). Il tribunale civile, però, gli ha dato ragione, rigettando le richieste dell’ex moglie: il risarcimento non era dovuto, visto che il tradimento non sarebbe stato “decisivo”, secondo la corte, ai fini della rottura del rapporto, e nemmeno l’assegno di mantenimento visto che la donna aveva lo stesso lavoro che aveva anche prima di incontrare il marito. 
La causa si è risolta dopo un contenzioso durato quasi cinque anni: la donna si era rivolta al tribunale civile nel 2018.

Quel matrimonio con l’imprenditore mirese era durato appena nove mesi. L’ormai ex moglie del 45enne riteneva che fossero stati violati i doveri di assistenza morale (la donna aveva subito un grave lutto e lamentava il fatto che l’uomo non le fosse stato vicino in quel momento) e di fedeltà nei suoi confronti. Da qui, la doppia maxi richiesta di risarcimento e di un assegno di mantenimento. 


IL CONTENZIOSO
Il 45enne si era opposto alla richiesta e si era affidato per il caso all’avvocato veneziano Federico Veneri. «Il principio è che se tra i coniugi non vi è comunione spirituale - spiega - condivisione affettiva e materiale, non si crea quel principio di affidamento di un coniuge nei confronti dell’altro né aspettative sul suo patrimonio». La difesa, quindi, non ha negato la relazione extra coniugale dell’imprenditore. Ha eccepito, però, che in quei nove mesi i coniugi avessero trascorso pochissimi momenti insieme, «a riprova del fatto che non vi era nessun interesse reciproco alla condivisione affettiva». Durante il matrimonio, infatti, la donna viveva in un suo appartamento a Trebaseleghe (Padova) mentre l’uomo dormiva spesso all’estero per lavoro, tanto che «aveva stabilito il proprio domicilio in Germania». Secondo i giudici del tribunale veneziano, inoltre, «non era provato che il marito fosse venuto meno al suo dovere di assistenza morale nella tragedia che aveva colpito la moglie», e la domanda di risarcimento «andava rigettata» per una mancanza di prove sulla «lesione della sua dignità». Non aiuta di certo il fatto che il tetto coniugale abbandonato, di fatto, non ci sia mai stato visto che i due praticamente non avevano mai convissuto. Quanto alla domanda di mantenimento il tribunale ha sottolineato come la donna abbia «mantenuto la propria capacità reddituale, oltre a essere contitolare di diritti reali immobiliari su due unità abitative». Dunque, la disponibilità «di un pur modesto reddito, ora come prima del matrimonio, impongono la reiezione della domanda di assegno di mantenimento». 


«REDDITI, NON TENORE»
«A seguito delle contestazioni formulate - aggiunge l’avvocato Veneri - il mio assistito si è visto riconoscere il diritto a non dover mantenere la moglie, poiché economicamente autonoma, superando così il principio dello stesso tenore di vita su cui in precedenza si basavano le sentenze di separazione. Per cui il parametro del mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non si applica più e l’assegno di mantenimento spetta solamente a chi non è in grado di lavorare, non per sua colpa, e non ha redditi». 

Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 20:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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