Laurea con il massimo dei voti allo Iusve di Mestre, così Marta di Treviso batte la dislessia: «Ora aiuto i bimbi a superarla»

Mercoledì 18 Gennaio 2023 di Elena Filini
Laurea con il massimo dei voti allo Iusve di Mestre, così Marta di Treviso batte la dislessia

TREVISO - La storia di Marta è un inno al coraggio e alla determinazione. Una strada lunga, a volte faticosa, a volte sorprendente. Fatta di iniziale disorientamento, poi di un lavoro di squadra familiare, e fatta anche di una scuola che non ha voluto essere accogliente e di un'altra che invece le ha ridato il sorriso. «È incredibile, ma oggi devo dire grazie alla dislessia». Marta Maggio, 24 anni, ha conseguito con il massimo punteggio la laurea in Scienze pedagogiche allo Iusve di Mestre. Per il futuro ha le idee chiare. «Aiuterò bambini e adolescenti con il mio stesso disturbo a trovare il giusto metodo di studio».
Quando ha scoperto la dislessia?
«Alle elementari nessuno mi aveva parlato di questo, non sapevo dare un nome alle difficoltà nella lettura. Solo alle medie un professore ci ha messo la pulce nell'orecchio: così insieme alla mia famiglia abbiamo approfondito la cosa e abbiamo scoperto che ero dislessica».
Psicologicamente, qual è stata la reazione?
«Ricordo nitidamente che i miei genitori hanno fatto molto per non farmi vivere questa cosa come una disabilità. È fondamentale: anni dopo ho conosciuto ragazze che vivevano così male questa cosa al punto da volerla tenere nascosta a tutti. Per me è stato fondamentale il fatto che i miei genitori mi abbiano aiutato a tenere sotto controllo le emozioni, non drammatizzando mai».
Le superiori sono state un grande scoglio.
«È stato un po' complesso: ho frequentato per tre anni un liceo ma gli insegnanti non prendevano in considerazione questo disturbo e non mi lasciavano ad esempio gli strumenti compensativi che la legge impone. C'è purtroppo l'idea antica che per fare il liceo si debba essere i migliori in ogni senso. Ma il dislessico senza strumenti è come il miope senza occhiali. Non è che non ce la fa, ha bisogno di fare le cose in un modo diverso».
Qual era il suo stato d'animo?
«Fino al terzo anno di liceo è stata davvero dura. Le enormi difficoltà nello studio avevano condizionato tutta la mia vita. Mi disistimavo e francamente avevo perso ogni speranza di poter arrivare all'Università. Invece ho cambiato scuola e sono rinata».
Qual è stata la scelta?
«La scelta è ricaduta su una scuola professionale a indirizzo sociale, ho scoperto che la mia chiave era lì: le cose pratiche mi aiutano a organizzare meglio l'apprendimento. Qui non mi sono sentita ostacolata ma accolta al punto da indirizzare il lavoro di tesina della maturità proprio sulla dislessia. È stata per me una rivelazione».
Perchè?
«Mi sono resa conto che posso fare tante cose, che non ci sono obiettivi per me preclusi. Durante gli anni del liceo ero un'altra persona: ero demoralizzata, mi ero chiusa anche nei confronti degli altri».
È lì che ha immaginato il suo futuro?
«Sì: mi sono detta che se troverò di fronte a me un'altra Marta ora so cosa fare per aiutarla. Perchè tutto quello che è successo a me immagino capiti anche ad altre persone. La differenza è che io ora so come fare, e credo di poter aiutare persone con una storia simile alla mia».
Che tipo di lavoro sta immaginando?
«Voglio aiutare i ragazzi con Dsa a trovare un proprio metodo di studio, perchè questo è stato il dramma della mia vita. Voglio agevolarli in questo: desidero che gli altri facciano meno fatica di quella che ho fatto io. Mi piacerebbe aprire uno studio mio per fare consulenza sul metodo di studio. Dev'essere una cosa personale e mirata, perchè noi dislessici abbiamo bisogno di piccoli numeri per riuscire al meglio».
Cosa credi sia importante per affrontare la dislessia?
«Non provare vergogna: ma per questo è necessario sentirsi accolti. E la scuola non sempre è inclusiva. I miei compagni spesso ridevano di me. È invece il supporto degli altri che aumenta la fiducia».
Che consiglio si sente di dare a chi è nella sua stessa condizione?
«Dico una sola cosa: possiamo fare tutto ciò che vogliamo, possiamo ottenere gli stessi risultati di chi non ha la dislessia. È un disturbo ma non deve diventare un limite. Ad un certo punto non avrei mai pensato all'Università e invece ce l'ho fatta».

 

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