Giovani sull'orlo di una crisi di nervi: «Basta con queste restrizioni»

Lunedì 22 Febbraio 2021 di Costanza Francesconi
Gruppi di giovani seduti ai tavolini di un locale veneziano
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VENEZIA - “Il Covid? A marzo sarà un anno che viviamo in punta di piedi. Altroché "vettori di contagio". Prima di tornare alla normalità facciamo in tempo a impazzire”. Lo sfogo dei più giovani a Venezia è una doccia fredda, una presa di coscienza che costringe, almeno per un istante, a mettersi nei loro panni.

Rispettano le regole, come confermano le squadre di Polizia e i Carabinieri in servizio ieri pomeriggio tra Rialto, la Misericordia e campo Santa Margherita, ma scalpitano.

“Per fortuna sono vaccinato dunque in parte vivo a cuor leggero rispetto ai miei coetanei – un ragazzo sulla trentina di Mestre ha trascorso la giornata in città con la fidanzata e tre amiche – Rimangono le precauzioni essenziali, come muovere la macchina evitando i mezzi pubblici di trasporto o lavarsi continuamente le mani. All’alba di un anno mi rendo conto però di come la tolleranza alle restrizioni diminuisca ogni giorno che passa. Ora, non appena possibile, se prima si rimaneva comunque chiusi in casa, si acchiappa invece al volo la prima valvola di sfogo. Nel nostro caso, almeno all’interno della regione, qualche gita nel weekend non ce la leva più nessuno”. Dopo mesi trascorsi a fare i conti con la paura di essere colpiti dal virus e di portarlo a casa, di avvicinarsi a sconosciuti così come ogni altra forma di distanziamento sociale, la voglia di vita sta riprendendo il sopravvento “Non abbassiamo la guardia – aggiunge una delle ragazze – ma la soglia dell’attenzione tende inevitabilmente a scemare. Se prima evitavamo di spostarci la domenica per non imbatterci nella confusione, ora come ora non ci facciamo più questo scrupolo”.

INSOFFERENZA

La stessa crescente insofferenza investe giovani adulti tanto quanto adolescenti. “Finché rimarremo gialli, dopo tutto quello che abbiamo passato, veniamo volentieri fino a qui per bere uno spritz - una coppia appena maggiorenne di Mira passeggia in Strada Nuova, in mezzo a una frotta di famiglie e gruppetti di amici – per cambiare aria ci basta incrociare per strada delle facce diverse”. Non tutti infatti si fermano necessariamente al bar. Soprattutto i più giovani, spesso presi di mira per la loro leggerezza. “In campo Santi Apostoli le guardie ci hanno chiesto più volte di "favorire i documenti" semplicemente perché chiacchieravamo in cerchio – sono in cinque, abitano a Venezia e da poco hanno cominciato il liceo – Non vediamo l’ora che questo incubo finisca. Siamo perennemente sotto torchio quando in realtà non abbiamo nemmeno i soldi per uscire a bere e se ci muoviamo da casa è per fare un giro nel quartiere. Ci sentiamo in gabbia come se il problema fosse riunirsi in campo con gli amici. La polizia dovrebbe piuttosto montare in autobus dopo scuola. Lì sì che vedrebbe gli assembramenti”. Le forze dell’ordine, da parte loro, registrano grande collaborazione nel centro storico, sia tra gli esercenti che possono finalmente mostrargli come sia difficile lavorare mandando via i clienti perché si hanno esaurito i posti a sedere, che tra i ragazzini che non risparmiano le battute di spirito ma ubbidiscono alle regole. Alle sei di sera infatti i punti cruciali della città si svuotano, le compagnie saldano i conti e si alzano da tavola mentre i camerieri iniziano a spazzare i plateatici. Niente varchi chiusi né multe o ingressi conteggi in campo.

LA PAZIENZA STA FINENDO

Questo epilogo non è però abbastanza per quella generazione che forse più di altre ha dovuto riadattare le sue consuetudini, senza vedere una svolta prossima. “Da fuori sembra che puntiamo i piedi perché non possiamo più ubriacarci – per un ventenne di Paese è indispensabile che passi un preciso messaggio - Ci siamo abituati ogni settimana a nuove restrizioni, oggi ad esempio sappiamo di dover stare per forza seduti dalle tre alle sei. Abbiamo un orario in cui poter frequentare ragazzi e ragazze della nostra età, fare amicizia o conoscere la nostra futura morosa ma comunque i grandi ci guardano storto se abbiamo in mano una birra mentre quella è solo la scusa per vivere una parentesi di normalità”. Almeno a Venezia, a patto che la situazione seppur movimentata rimanga sotto controllo, un lieve lasco farebbe la differenza. “Se i locali chiudessero alle dieci anche chi finisce di lavorare tardi avrebbe tempo di cenare fuori, che non vuol dire violare le regole – due amici veneziani si sono appena mossi dall’Erbaria – Portiamo pazienza, non vogliamo certo che le cose peggiorino, ma per quanto ancora? Vivere così non è quello che desideriamo”.

Ultimo aggiornamento: 08:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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