VENEZIA - Nel giro di tre settimane l'incidenza dei contagi in Veneto è pressoché triplicata.
LA NOTA
Lo stop delle Usca al 30 giugno è stato disposto da un decreto nazionale dello scorso 24 marzo. Dopo di allora è stata approvata la riforma del modello di sanità territoriale, che include anche l'istituzione delle nuove Unità di continuità assistenziale (Uca), ma la sua attuazione necessita di un atto programmatorio regionale. In attesa di questo provvedimento, e «in relazione all'aggravarsi» del quadro epidemiologico, proprio l'altro ieri dall'ufficio della direzione regionale della Sanità è partita una nota indirizzata ai direttori generali delle aziende sanitarie. Mauro Bonin, vicario del dg Luciano Flor, ha rappresentato loro l'opportunità di conferire «incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa - e libero professionali, in aggiunta agli incarichi di continuità assistenziale già in essere o da potenziare, per sostenere le attività sanitarie territoriali per il contrasto alla pandemia». In particolare sono previste due tipologie di ingaggio. Da una parte, contratti di lavoro autonomo a medici (anche ex Usca), per «attività di prevenzione e controllo dell'infezione, assistenza sanitaria Covid e/o ai pazienti fragili, attività di vaccinazione, supporto alla gestione dei focolai nei Csa e/o strutture aziendali», con un compenso di 30 euro all'ora lordi (anziché i 40 finora pagati ai componenti delle Unità speciali). Dall'altra, ampliamenti delle convenzioni già in corso con i medici di base, per «prestazioni ambulatoriali e domiciliari al fine di contribuire alla continuità dell'assistenza per l'intero arco della giornata», con il trattamento economico fissato dall'accordo collettivo nazionale.
LA POLEMICA
Maurizio Scassola, segretario regionale della Fimmg, è furioso. «Come è possibile che, in gravissima carenza di medici, la medicina generale possa caricarsi di ulteriori attività?», chiede elencando le prestazioni ulteriori richieste ai professionisti: «Le visite domiciliari ai pazienti Covid-19, i tamponi domiciliari, le vaccinazioni ai pazienti non trasportabili, il supporto nei punti drive through, la somministrazione dei farmaci antivirali ai soggetti privi di caregiver, le attività di contact tracing in sostegno ai Sisp, la segnalazione dell'eleggibilità e il follow up dei pazienti in terapia con monoclonali». In una parola: troppo, secondo la categoria, che accusa la Regione di mandare «allo sbaraglio i medici senza aver concordato un'organizzazione del lavoro» e lamenta «l'assoluta carenza di programmazione e interlocuzione», riservandosi di attivare «tutte le azioni politiche, legali e di comunicazione».
LA REPLICA
Replica l'assessore regionale Manuela Lanzarin: «Abbiamo chiesto invano al Governo una rassicurazione sulla prosecuzione delle Usca, che si erano dimostrate uno strumento prezioso. Ora la riforma prevede le Uca e abbiamo sei mesi per definire gli interventi. Nell'attesa abbiamo previsto queste misure temporanee, con il ricorso a contratti in libera professione. Ma non vogliamo certo escludere i medici di medicina generale dalla programmazione dell'assistenza territoriale futura: apriremo i tavoli di confronto con i rappresentanti della categoria. Nel frattempo sono appena partite le lettere alle sigle sindacali per l'indicazione dei nomi di chi comporrà il comitato tecnico regionale, con cui intendiamo mantenere un'interlocuzione costante».
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