Addio al “gigante buono”. Il Covid si prende Ivone, ristoratore di 59 anni

Lunedì 11 Gennaio 2021 di Luisa Giantin
La "Taverna Brenta" di via Venezia ad Oriago di Mira. Nel tondo, Ivone Pitteri

MIRA - La comunità di Oriago in lutto per la scomparsa di Ivone Pitteri, 59 anni, contitolare del ristorante pizzeria “Taverna Brenta”, morto per Covid all’ospedale di Chioggia. L’uomo gestiva da anni, insieme al cognato Stefano Scevola, a ai familiari il noto locale in via Venezia a Oriago, lungo il Naviglio, aperto nel 1982, dal suocero di Ivone, e diventato ben presto un punto di riferimento non solo per gli amanti della buona cucina a base di pesce ma anche per le giovani generazioni che apprezzavano la pizza e l’ambiente accogliente e famigliare. Ivone, che abitava con la famiglia a Mirano, era un punto di riferimento a Oriago, non solo per la sua attività ma anche per la battuta sempre pronta, la sua disponibilità e generosità con tutti, un “gigante buono”, come ha ricordato ieri il sindaco Marco Dori. 
SOTTO CHOC
In tanti, appena appresa la notizia, hanno voluto esprimere la propria vicinanza alla famiglia. «Spiace moltissimo – ha scritto lo stesso sindaco - Ivone era un uomo generoso e solare, sempre disponibile nei confronti del prossimo. Ti faceva sentire a casa. Una persona veramente benvoluta da tutti. Lui e la sua attività sono un punto di riferimento per la comunità. Ciao gigante buono». Il cinquantanovenne, era da giorni ricoverato in gravi condizioni per complicanze legate al Covid all’ospedale di Chioggia e ieri nel primo pomeriggio è stata la stessa famiglia a dare l’annuncio della scomparsa attraverso i gruppi social locali. 
«Anche se non è il nostro modo preferito di comunicare, scriviamo qui per raggiungervi tutti – hanno scritto la moglie Loredana ed il figli Claudia, Gianmarco, Alessandra. - Il nostro papà Ivone è andato in cielo. Grazie ad ognuno di voi con il cuore per il vostro sostegno e le vostre preghiere in questo periodo atroce. Avete con la vostra presenza addolcito i nostri cuori. Abbiamo lottato insieme, sperando fino alla fine. È una sconfitta dura da accettare, ma quello che crediamo è che l’essenza del suo essere, quello che ha spinto ognuno di noi a lottare con forza e speranza, quello che Ivone ha lasciato nel profondo di noi stessi non morirà mai. Grazie ad ognuno di voi per il vostro sostegno ed affetto». 
DOLORE SUI SOCIAL
Dai primi giorni di gennaio, quando a Oriago, si era appreso dell’aggravarsi delle condizioni di Ivone e del suo trasferimento dall’ospedale Covid di Dolo alla terapia intensiva del nosocomio di Chioggia, in molti avevano chiesto notizie sulla sua salute alla famiglia e anche sui gruppi social. Una parente, a nome della moglie Loredana e dei figli, aveva raccontato pubblicamente le condizioni del noto ristoratore. «In questo momento così tragico e duro, troppo difficile da sopportare, leggere il vostro amore su questa pagina Facebook – avevano scritto i famigliari - scalda i nostri cuori, non ci fa sentire soli , ma soprattutto arriva di sicuro al nostro Ivone come energia positiva». Ivone aveva sviluppato una gravissima polmonite da Covid ed era stato intubato il giorno di Natale. Oltre alle infezioni da batteri e funghi, era stata rilevata dai medici una microembolia ed uno dei polmoni era bloccato a causa della polmonite interstiziale. Le sue gravi condizioni erano considerate molto critiche e i medici avevano provato a somministrare anche un farmaco sperimentale per ridurre le infiammazioni. Per qualche giorno era sembrato che il suo quadro clinico stesse migliorando, una situazione che aveva dato qualche spiraglio di speranza alla famiglia. Purtroppo, però, era solo un’illusione. «Siamo ancora appesi a questo filo sottile – raccontavano i figli - ma già che per ora non ci siano peggioramenti è una cosa positiva.

Ringraziamo Dio per questi piccoli barlumi di luce e continuiamo a sperare e pregare». Ieri invece l’amaro epilogo. 

Ultimo aggiornamento: 08:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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