Luigi è uscito dall'incubo: "Finalmente respiro, è come rinascere"

Martedì 3 Novembre 2020 di Fulvio Fenzo
Luigi Danile sta vincendo la sua battaglia col Covid
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Martedì scorso il respiratore non bastava più e lo stavano per intubare, trasferendolo in terapia intensiva. Ma il suo fisico, pur provato da settimane di malattia, ha lottato e ha retto al Covid. «Alle 4.47 della notte tra domenica e lunedì gli infermieri sono venuti a staccarmi il ventilatore polmonare di corsa, portandolo subito a un altro malato... Spero che anche lui supererà tutto con l’aiuto di Dio». Luigi Danile può raccontarla. È felice e commosso, pur se con un filo di voce perché respirare è ancora una fatica. Ma ieri pomeriggio, per il 46enne di Spinea ricoverato da metà ottobre all’ospedale di Dolo, è arrivata anche la seconda buona notizia, portata da un infermiere con un cartello attaccato sulla porta della stanza: “Covid negativo”.

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Volontario della Croce rossa, della Protezione civile, del Controllo di vicinato, da Spinea a Marghera dove ha tanti amici che ieri, sulla pagina Facebook “Buongiorno Marghera”, hanno voluto condividere la gioia per l’uscita dal tunnel. «Tutta la mia famiglia è stata colpita dal coronavirus - racconta Luigi -. All’inizio di ottobre mio figlio diciottenne aveva mal di gola e un po’ di tosse che poi gli sono passati. Ma dopo si è ammalata mia moglie, mio figlio piccolo di 14 anni, mia suocera che abita a fianco a noi ed io. È dal 14 ottobre che sto male: una settimana con la febbre a 39 e un forte mal di testa. All’inizio niente problemi polmonari, ma il 22 ottobre è iniziato il fiato “corto”, la fatica a respirare».

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La chiamata al 118, il Pronto soccorso, subito la Tac che esclude l’embolia polmonare, il ricovero. «Passano altri due giorni e da un’altra radiografia si vedono i polmoni duri, secchi, bloccati. I miei familiari? Loro se la sono cavata con uno o due giorni di febbre, poi gli è passato tutto. Solo mia suocera è ancora ricoverata in Medicina, ma non ha avuto bisogno del respiratore. Io, invece, continuavo a peggiorare. Soffro di artrite reumatoide e il Covid mi ha aggredito molto di più, fino a martedì scorso quando stavano per intubarmi: il respiratore spingeva ormai al massimo, al 98 per cento, non c’era più davvero più margine. Avevo fame d’aria, cercavo disperatamente di respirare, sembravo un pesce fuor d’acqua... Tenevo la bocca aperta, ma non riuscivo a respirare».

Poi qualcosa è successo. Le cure dell’ospedale di Dolo («ringrazio di cuore medici, infermieri, operatori sanitari che ci curano in tutto, con delicatezza e professionalità nell’accudire noi che siamo bloccati su un letto, anche con parole di conforto») o qualcosa che nemmeno lui sa spiegare («non so, ma forse mi hanno aiutato le preghiere degli amici, le persone che negli anni ho cercato di aiutare...») hanno fatto ripartire i polmoni. Lentamente, giorno dopo giorno, con fatica, fino all’addio al respiratore: «Ho provato una sensazione di rinascita. Mi sono messo a piangere, una sensazione incredibile quell’aria che tornava a circolare». E, appena ha potuto, Luigi ha lanciato quel suo post via Facebook, sperando che tutti capiscano: “Portate le mascherine, ma non quelle fai da te o colorate alla moda, perché non valgono niente - ha scritto -. È come mettere una rete a maglie larghe sperando di bloccare le zanzare. Usate solo le mascherine testate chirurgicamente”. «Ah - aggiunge compiendo un ultimo sforzo per parlare -, per me ci vorrà ancora molto per rimettermi, perché anche tutta la muscolatura è messa male. Ma ho ancora fiato per dire a tutte le persone che hanno il coraggio di dire che è tutta una bufala, un “complotto”, che usino quello stesso coraggio per firmare un’autodichiarazione in cui, se si beccheranno il Covid, si impegnano a lasciare il posto a chi ha bisogno di cure e vuole combatterlo». E Luigi tira un sospiro.

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Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 14:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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