Imprese che spuntano come funghi durante il lockdown: la criminalità fa affari

Mercoledì 3 Febbraio 2021 di Roberta Brunetti
Imprese che spuntano come funghi durante il lockdown: la criminalità fa affari

VENEZIA - Imprese nate dal nulla durante il lockdown. «Sono sbucate come funghi, in settori come la sanificazione, i rifiuti, i dispositivi sanitari, la logistica Ora qualche domanda dobbiamo farcela».

Giovanni Mainolfi, comandante regionale veneto della Guardia di finanza, ieri lo ha detto chiaramente: il rischio di infiltrazioni criminali è alto in questa fase di pandemia, con tante imprese in crisi e appetiti criminali in movimento. Quello delle società nate dal nulla è uno dei fronti da tenere sotto controllo. 


«In questa fase la criminalità organizzata è facilitata ad insinuarsi nelle pieghe dell'economia ha avvertito Mainolfi - Le mafie stanno apparecchiando il tavolo e si preparano ad un banchetto straordinario. Non solo le mafie autoctone, ma anche quelle albanese, cinese, russe. E ancor più pericolose sono quelle endogene, estero vestite che tornano qui conoscendo bene il territorio». Che fare? «Fronteggiare il fenomeno con strumenti predittivi per agire in termini di prevenzione» ha raccomandato il generale.


IL TAVOLO DI LAVORO

Ed ecco il senso del nuovo tavolo di lavoro sul rischio di infiltrazioni criminali nel tessuto imprenditoriale veneto , nato per iniziativa di Ca' Foscari, di Unioncamere Veneto con Infocamere, e della stessa Guardia di finanza, che punta proprio ad affinare nuovi strumenti di analisi per individuare il pericolo sul nascere. Ieri la presentazione dell'iniziativa in un incontro organizzato da Ca' Foscari, per la sua rassegna Economics Tuesday Talks. Oltre a Mainolfi, tanti i partecipanti all'appuntamento online, coordinato dalla professoressa Monica Billio. Tutti ben consci del problema. «Il rischio, alla fine di questa crisi, sarà quello di ritrovarci con tante attività piccole, ma non piccolissime, in mano alle mafie senza che gli stessi imprenditori se ne accorgano» ha avvertito il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, che ha precisato però di non credere in nuovi protocolli, augurandosi piuttosto un «maggior lavoro di intelligence».


IL RISCHIO ERACLEA

Sulla situazione del litorale veneto «uno dei territorio più a rischio» ha puntato l'attenzione Marco Di Cataldo, ricercatore di Ca' Foscari. Mentre Mainolfi, mettendo in guardia dai rischi che corre la stessa democrazia, ha citato il caso Eraclea: «In questo momento famiglie e imprese hanno subito un grave danno dalla pandemia. E questo crea uno spazio per la criminalità economica che ha l'opportunità di sostituirsi all'apparato statale con un welfare organizzato. Questa è la forma di usura più preoccupante, perché crea consenso nella società civile. E gli effetti li vedremo alle prossime elezioni. Il rischio è di trovarci tante Eraclea sotto l'albero».


Il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, ha puntato il dito sugli errori del passato. «Qui in Veneto c'è stata una certa superficialità. E ora ne paghiamo le conseguenze. Negli ultimi anni ci sono state inchieste importanti. Ma in passato ci sono stati ritardi. Per troppo tempo abbiamo rincorso le persone, senza capire che i mafiosi non si riconoscono più, hanno nomi veneti, colletti bianchi. Come tutti i fenomeni globali hanno caratteristiche globali». Per Zappalorto, quello su cui «bisogna concentrarci ora sono i patrimoni delle persone. Va assegnato un indice di pericolosità al patrimonio, che ormai è ripulito, ma che resta pericoloso». Rispondendo alle domande, il generale Mainolfi ha riferito poi di possibili interessi di mafie dall'est. «Ci sono segnali che qualcosa è in movimento. Sensazioni da verificare. Lo scopriremo anche dal lavoro di questo tavolo». Ha anche aggiunto: «La sfida per la salvaguardia della legalità è ardua. Serve la coesione di tutte le forze sane del paese».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci