Chiude un'altra osteria storica di Venezia: affitti alti e crisi i "4Feri" si arrendono

Sabato 24 Aprile 2021 di Claudia Meschini - Costanza Francesconi
Osterie $ Feri
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VENEZIA - Un altro locale storico di Venezia si arrende, dopo l'Antica Carbonera a San Marco, che lo scorso marzo aveva definitivamente gettato la spugna. Anche Ai 4 Feri, in calle lunga San Barnaba, un locale a gestione veneziana rinomato per la cucina tradizionale, i piatti abbondanti e ben serviti, il personale gentile e il giusto prezzo, ha deciso di abbassare le saracinesche.

Un cartello affisso internamente sulla vetrina annuncia ai clienti la decisione, motivandola così: «Cari clienti e amici, purtroppo è con molta tristezza e amarezza che vi comunichiamo che anche questa osteria storica non riaprirà più. Purtroppo abbiamo avuto ostruzione da parte della proprietà dell'immobile. Non c'è stato modo di trovare una mediazione, noi ci abbiamo provato ma non c'è stato nulla da fare. Ci trasferiremo, ma non tutto lo staff, all'osteria 4 Feri Storti, a Sant'Aponal. Un abbraccio a tutti, Barbara, Davide e Betty». Ai 4 Feri negli ultimi mesi aveva aderito a TooGood ToGo (troppo buono per buttarlo), un'applicazione mobile che permette a chi la scarica di mettersi in contattato con attività commerciali che offrono prodotti invenduti a prezzi super scontati.

SITUAZIONE CRITICA

Un'altra resa, dunque, alla crisi e agli affitti alti. E una prospettiva che preoccupa la categoria dei pubblici esercizi, alla quale le nuove norme - a partire dal coprifuoco - non piacciono.
«Temo che ci saranno altre chiusure - spiega Ernesto Pancin, segretario dell'Aepe - Gli scenari non sono affatto rosei. Il nuovo Dpcm? Quella di lunedì prossimo non sarà una riapertura ma una chiusura mascherata. Chi ha fatto queste regole non ha mai lavorato in un pubblico esercizio, né tanto meno conosce da vicino la situazione veneziana». Pancin guarda al 26 aprile con desolazione. Nonostante la zona gialla che tra un paio di giorni colorerà il Veneto, le numerose incongruenze nella normativa rendono, a sua detta impossibile, anche solo immaginare ritmi sostenuti di lavoro, specie nel capoluogo di regione. «È illogico che proprio quei plateatici che fino a ieri venivano additati come luoghi certi di assembramento ora diventino condizione necessaria e indispensabile per l'apertura di bar e ristoranti. Senza contare che a Venezia, per conformazione geografica, la maggior parte di queste attività ha al massimo un paio di tavolini all'esterno, rimanendo di fatto esclusa da questa prerogativa sbotta il direttore dell'Aepe - Già questo elemento crea discriminazione tra i titolari delle attività legate alla ristorazione e non valuta che, così facendo, chiunque arriverà in città si riverserà nelle calli prediligendo l'aperitivo lungo e consumando facilmente cibo da asporto. Gli spazi chiusi, con gli ingressi contingentati, le prenotazioni e i clienti numerati accomodati a tavola garantirebbero invece un controllo più efficace».

COPRIFUOCO

«C'è poi l'assurdo tema del coprifuoco continua Pancin, suggerendo il tetto di mezzanotte per cui la città perde la maggior parte della sua attrattiva dovendosi ancora una volta spegnere per legge alle 22. Le cene al ristorante diventano così quasi impossibili da pianificare, soprattutto ora che con la bella stagione si è abituati a mangiare più tardi. Anche i papabili turisti sarebbero infatti disincentivati a farci visita, immaginando di trascorrere il dopo cena chiusi in camera d'albergo piuttosto che a godersi le bellezze di Venezia passeggiando». La speranza è quindi che il mese si chiuda con una settimana di rodaggio, inaugurando maggio con una ripartenza delle attività commerciali ricalibrata linee guida aggiornate e ragionevoli. «La norma è troppo generica, non è calata nella realtà ma nel frattempo l'esigenza di tornare a lavorare e quindi vivere cresce. Dire che siamo alla canna del gas è poco confessa nello sconforto Pancin - L'esperienza positiva di collaborazione tra esercenti e interforze di polizia, almeno a Venezia, ha già dato i suoi frutti pertanto le condizioni perché questa città torni a respirare ci sono tutte. Se in una settimana non si cambia musica conclude il direttore Aepe l'elenco delle aziende locali chiuse per cessata attività continuerà miseramente a crescere». 
 

Ultimo aggiornamento: 16:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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