Venezia, allarme Cosa nostra: «Ripulisce il denaro di spaccio e prostituzione nel mercato immobiliare e nel turismo»

Domenica 2 Ottobre 2022 di Nicola Munaro
Venezia, allarme Cosa nostra: «Ripulisce il denaro di spaccio e prostituzione nel mercato immobiliare e nel turismo»
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VENEZIA - Il turismo e gli affari immobiliari. E ancora le frodi fiscali usate per infiltrarsi nei canali dell'economia legale e ripulire, così, il denaro figlio dello spaccio, dello sfruttamento della prostituzione, delle estorsioni. In quel Veneto che secondo la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del II semestre del 2021, Venezia e il Veneziano sono catalizzatori più o meno inconsapevoli di un fenomeno sempre più in espansione.

TENTACOLI OVUNQUE

La Piovra ha individuato obiettivi precisi, quelli dove i soldi girano con più facilità. Scrive la Dia, parlando al Parlamento, che da tempo Cosa nostra e le famiglie della malavita palermitana «riciclavano capitali attraverso investimenti immobiliari soprattutto a Venezia».

Ancora «più di recente sarebbe stato confermato il forte interesse delle consorterie palermitane a infiltrarsi nei canali dell'economia legale attraverso la commissione di rilevanti frodi fiscali» e «tra i principali interessi della criminalità anche al di fuori dall'ambito mafioso vi siano i tentativi di infiltrazione nel tessuto economico-produttivo soprattutto attraverso la commissione di reati economico finanziari di truffe finalizzate all'indebito ottenimento di contributi pubblici». Impossibile, per la città d'acqua, dirsi quindi estranea al radicamento mafioso: «Il ricco tessuto produttivo del capoluogo di regione caratterizzato da un elevato tasso di industrializzazione e un importante flusso turistico - si legge ancora nella relazione presentata dal Ministero dell'Interno - rappresenta ormai da anni anche per la criminalità organizzata di tipo mafioso una valida opportunità per estendere i propri affari illeciti oltre i confini regionali».

PUNTARE IN ALTO

L'attenzione deve essere ancora maggiore anche perché sono fenomeni che passano sottotraccia, che non danno allarme sociale se non quando, con operazioni di polizia, le indagini decapitano vere e proprie cosche ormai innervate nel territorio. L'esempio lo porta ancora l'analisi dell'Antimafia, citando il maxi-processo in corso nell'aula bunker di Mestre a Luciano Donadio e al clan dei casalesi che si era insediato a Eraclea e sul litorale del Veneto orientale. Mirando, dal basso, alla politica. «La sentenza del novembre 2020 - scrive la Dia ricordando il primo pronunciamento dei giudici sul caso Eraclea - descrive compiutamente il tentativo di esportazione in Veneto del modello di criminalità mafiosa tipico del Sud dove politica, interessi commerciali, edilizi, potere di intimidazione, spaccio e usura si intrecciano in modo indistinguibile. Nel dispositivo viene sostanzialmente confermato l'impianto accusatorio iniziale che ha portato tra l'altro all'arresto di un rappresentante di un'Amministrazione comunale evidenziando l'ipotesi di voto di scambio e la presenza della camorra già dal 2002 attraverso un sodalizio criminale».
Il riferimento è a Mirco Mestre, avvocato, ex sindaco di Eraclea, sotto processo con l'accusa di voto di scambio: avrebbe promesso affari a Donadio che, dal canto suo, avrebbe spinto altre persone a scegliere l'avvocato all'interno di una cabina elettorale. Accusa da cui Mestre si è sempre difeso, l'ultima volta giovedì, testimoniando in aula.

LE ALTRE OPERAZIONI

Nella relazione della Dia sugli ultimi sei mesi del 2021 sono elencate le altre operazioni antimafia nel Veneziano. Dal blitz della Procura Antimafia di Trieste per una presunta gestione mafiosa dei banchetti degli ambulanti a Bibione fino all'operazione Papillon, che ha smantellato la rinascente Mala del Brenta decisa a puntare al controllo del mercato della droga e dei flussi turistici monopolizzando il servizio di lancioni dall'isola nuova del Tronchetto, il tutto «traendo insegnamento anche dal modello mafioso imparato dagli esponenti della mafia siciliana con i quali erano venuti in contatto».
Un sodalizio, ora in udienza preliminare, «armato e pericoloso capace di agire con metodo mafioso» e mirare «al pieno controllo delle attività criminali sul territorio tentando di coesistere con un insieme di altre realtà criminali concorrenti, altrettanto agguerrite, che negli anni hanno preso possesso del territorio». Pericolosità emersa venerdì quando, il presunto delfino del boss è stato sfregiato in aula per aver collaborato col il pm.

Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 08:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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