Casa di riposo diventa ospedale Covid: raffica di dimissioni tra il personale

Giovedì 2 Aprile 2020 di Teresa Infanti
Casa di riposo diventa ospedale Covid: raffica di dimissioni tra il personale

Cinto Caomaggiore - Parte in salita la riconversione in struttura di accoglienza per pazienti Covid della casa di riposo di Cinto Caomaggiore. Ieri, al debutto del nuovo progetto, frutto di un accordo tra Ulss 4 Veneto orientale e Sereni Orizzonti, diversi dipendenti (7 su 12, ndr), operatrici socio sanitarie e signore delle pulizie, hanno presentato le proprie dimissioni "per giusta causa".  E pare che altri si siano messi in malattia.
A confermarlo è il dirigente Uil, Pietro Polo, che già nei giorni scorsi aveva messo in evidenza la tensione del personale, preoccupato sia per la sicurezza che per i carichi di lavoro. L'accordo con l'Ulss prevede che la struttura di Cinto metta a disposizione due nuclei da 24 posti letto, uno per pazienti Covid-positivi e un secondo per i Covid-negativi. Martedì anche il direttore dell'Ulss 4, Carlo Bramezza, era andato ad augurare buon lavoro al personale, dove è già stato trasferito il primo paziente Covid-negativo dimesso dall'ospedale di Jesolo.
«Abbiamo saputo di questo progetto solo pochi giorni fa, in un colloquio casuale con gli ospiti, che erano stati a loro volta informati dalle rispettive famiglie. spiegano le ex dipendenti della Sereni Orizzonti - L'azienda ci aveva promesso non solo una modifica del contratto, scaduto da 10 anni, ma anche un riconoscimento di un bonus in busta paga. Cosa mai formalizzata. Ci aveva inoltre garantito l'istituzione e l'affiancamento di un'equipe multidisciplinare composta da medici, infermieri e Oss provenienti dall'ospedale di Jesolo; un percorso di formazione sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, sulla pulizia e sulla sanificazione. Invece ci è stata fatta una lettura veloce di un protocollo e nulla di più». Le operatrici hanno poi criticato la fretta e la mancanza di organizzazione che hanno caratterizzato il trasferimento a Torre di Mosto dei 23 ospiti presenti.
«Non sapevamo quando sarebbero stati spostati. Lunedì mattina abbiamo visto arrivare un mezzo pronto per i primi trasferimenti. Abbiamo dovuto fare valigie improvvisate, preparare in velocità alcuni ospiti, Molti di loro hanno avuto anche delle crisi. Nessuno dei "piani alti" era li a salutarli, c'eravamo solo noi. Martedì, quando è arrivato il primo paziente abbiamo realizzato che a tutti gli effetti non c'era un progetto strutturato, un protocollo definitivo e chiaro che ci potesse garantire la massima sicurezza. Non c'era nessuno a guidarci e ad affiancarci. Anzi, avremmo dovuto controllarci a vicenda e fare formazione e supervisione ai neoassunti. Non è così che si lavora, ci siamo sentite calpestate».
La direttrice della struttura di Cinto Caomaggiore, interpellata, ha preferito non rilasciare dichiarazioni, rimandando il compito ai responsabili dell'azienda a Udine.
 

Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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